La «normalità» della ripresa
L’andamento dei consumi durevoli e i segnali che arrivano dal mercato immobiliare
La corsa del Pil italiano continua. I dati preliminari diffusi dall’Istat sono incoraggianti. Una ripresa che si sta stabilizzando fino a diventare «normale». A evidenziarla sono l’andamento durevole dei consumi e i segnali positivi che arrivano dal mercato immobiliare.
Decimale dopo decimale la piccola corsa del Pil italiano continua. I dati preliminari diffusi ieri dall’Istat valgono molto sia per l’incremento quantitativo del terzo trimestre ma soprattutto perché preludono a un quarto trimestre ‘17 e a un primo ‘18 incoraggianti. L’ufficio studi di Intesa Sanpaolo, notoriamente prudente, ha infatti alzato la previsione sul Pil dell’intero ‘17 a +1,6% e quella per il 2018 a +1,3%. Oxford Economics è leggermente più ottimista sul ‘18 stimato in crescita dell’1,4%. Dal punto di vista delle caratteristiche di questa ripresa non ci sono cambiamenti rilevanti: restano decisive la spinta del commercio internazionale e la forza del nostro export e rimane anche sostanzialmente intatta la classifica europea che ci vede ancora, seppur relativamente, attardati. La media del Pil dell’eurozona a fine ‘17 sarà del +2,3% e a condizionarla saremo proprio noi italiani, altrimenti si attesterebbe a +2,5%.
Se questa resta l’immagine dominante ci sono però subito accanto delle novità interessanti. La prima ha carattere stagionale e riguarda l’ottimo risultato dell’ultima stagione turistica: ora noi sappiamo come il made in Italy della montagna e della spiaggia si sia avvantaggiato per i rischi di terrorismo che angustiano altre mete ma sull’abbrivio di questo risultato — che comunque non era scontato — non sarebbe male ristrutturare e migliorare la nostra offerta turistica affinché diventi stabilmente un importante driver della nostra crescita post-Grande Crisi.
La seconda novità riguarda gli investimenti che trainati dagli incentivi governativi per il Piano Industria 4.0 sembrano aver ripreso una dinamica sostenuta di cui le proporzioni e l’estensione o meno a una fetta consistente di imprese conosceremo però più avanti.
Infine i consumi: dai numeri di cui siamo in possesso si può dire che sono saliti più dell’incremento del reddito disponibile a scapito, probabilmente, della propensione al risparmio calata di un punto. Come si spiega l’avanzata dei consumi? Ancora una volta dobbiamo rifarci al ciclo favorevole del mercato dell’auto ormai al quinto anno consecutivo di crescita e che ormai dovrebbe aver ampiamente rinnovato un parco macchine che evidentemente era diventato troppo vecchio per non richiedere una sostituzione.
Secondo Fedele De Novellis, direttore di Ref Ricerche, c’è un altro indicatore interessante che fa pensare a una normalizzazione della crescita ed è quello riferito all’edilizia. Non è ripartita l’industria delle costruzioni e quindi gli investimenti ma sono tornati sostenuti i ritmi delle compravendite che avranno l’effetto di ridurre l’ampio stock di invenduto. I mutui sono segnalati in marcata ripresa anche se l’ammontare medio è basso rispetto al passato o perché gli istituti di credito finanziano una quota minore oppure perché stanno passando di mano appartamenti di metratura ridotta comprati dai genitori come prima abitazione dei figli sposati o non.
Le stime L’ufficio studi di Intesa Sanpaolo ha alzato la previsione sul Pil dell’intero ‘17 a +1,6% Il rilancio Secondo De Novellis (Ref Ricerche) «abbiamo davanti a noi altri sei mesi buoni»
L’ampia fenomenologia di cui abbiamo riferito in qualche maniera ci porta a dire che un po’ tutta l’economia reale — ad eccezione dell’agricoltura — ha ripreso a camminare ed è questo il presupposto che fa dire a De Novellis «abbiamo davanti a noi altri sei mesi buoni».
Di sicuro basta volgersi indietro di un anno e tutte le previsioni che erano state formulate risultano poi smentite dai fatti. La Brexit, la vittoria di Donald Trump e in ultimo la rivolta della Catalogna erano stati interpretati da tutti come avvenimenti sconvolgenti capaci di fare cadere l’economia e invece niente è stato così. L’unico Paese che sta pagando il conto è la Gran Bretagna.