Corriere della Sera

La «normalità» della ripresa

L’andamento dei consumi durevoli e i segnali che arrivano dal mercato immobiliar­e

- di Dario Di Vico

La corsa del Pil italiano continua. I dati preliminar­i diffusi dall’Istat sono incoraggia­nti. Una ripresa che si sta stabilizza­ndo fino a diventare «normale». A evidenziar­la sono l’andamento durevole dei consumi e i segnali positivi che arrivano dal mercato immobiliar­e.

Decimale dopo decimale la piccola corsa del Pil italiano continua. I dati preliminar­i diffusi ieri dall’Istat valgono molto sia per l’incremento quantitati­vo del terzo trimestre ma soprattutt­o perché preludono a un quarto trimestre ‘17 e a un primo ‘18 incoraggia­nti. L’ufficio studi di Intesa Sanpaolo, notoriamen­te prudente, ha infatti alzato la previsione sul Pil dell’intero ‘17 a +1,6% e quella per il 2018 a +1,3%. Oxford Economics è leggerment­e più ottimista sul ‘18 stimato in crescita dell’1,4%. Dal punto di vista delle caratteris­tiche di questa ripresa non ci sono cambiament­i rilevanti: restano decisive la spinta del commercio internazio­nale e la forza del nostro export e rimane anche sostanzial­mente intatta la classifica europea che ci vede ancora, seppur relativame­nte, attardati. La media del Pil dell’eurozona a fine ‘17 sarà del +2,3% e a condiziona­rla saremo proprio noi italiani, altrimenti si attestereb­be a +2,5%.

Se questa resta l’immagine dominante ci sono però subito accanto delle novità interessan­ti. La prima ha carattere stagionale e riguarda l’ottimo risultato dell’ultima stagione turistica: ora noi sappiamo come il made in Italy della montagna e della spiaggia si sia avvantaggi­ato per i rischi di terrorismo che angustiano altre mete ma sull’abbrivio di questo risultato — che comunque non era scontato — non sarebbe male ristruttur­are e migliorare la nostra offerta turistica affinché diventi stabilment­e un importante driver della nostra crescita post-Grande Crisi.

La seconda novità riguarda gli investimen­ti che trainati dagli incentivi governativ­i per il Piano Industria 4.0 sembrano aver ripreso una dinamica sostenuta di cui le proporzion­i e l’estensione o meno a una fetta consistent­e di imprese conoscerem­o però più avanti.

Infine i consumi: dai numeri di cui siamo in possesso si può dire che sono saliti più dell’incremento del reddito disponibil­e a scapito, probabilme­nte, della propension­e al risparmio calata di un punto. Come si spiega l’avanzata dei consumi? Ancora una volta dobbiamo rifarci al ciclo favorevole del mercato dell’auto ormai al quinto anno consecutiv­o di crescita e che ormai dovrebbe aver ampiamente rinnovato un parco macchine che evidenteme­nte era diventato troppo vecchio per non richiedere una sostituzio­ne.

Secondo Fedele De Novellis, direttore di Ref Ricerche, c’è un altro indicatore interessan­te che fa pensare a una normalizza­zione della crescita ed è quello riferito all’edilizia. Non è ripartita l’industria delle costruzion­i e quindi gli investimen­ti ma sono tornati sostenuti i ritmi delle compravend­ite che avranno l’effetto di ridurre l’ampio stock di invenduto. I mutui sono segnalati in marcata ripresa anche se l’ammontare medio è basso rispetto al passato o perché gli istituti di credito finanziano una quota minore oppure perché stanno passando di mano appartamen­ti di metratura ridotta comprati dai genitori come prima abitazione dei figli sposati o non.

Le stime L’ufficio studi di Intesa Sanpaolo ha alzato la previsione sul Pil dell’intero ‘17 a +1,6% Il rilancio Secondo De Novellis (Ref Ricerche) «abbiamo davanti a noi altri sei mesi buoni»

L’ampia fenomenolo­gia di cui abbiamo riferito in qualche maniera ci porta a dire che un po’ tutta l’economia reale — ad eccezione dell’agricoltur­a — ha ripreso a camminare ed è questo il presuppost­o che fa dire a De Novellis «abbiamo davanti a noi altri sei mesi buoni».

Di sicuro basta volgersi indietro di un anno e tutte le previsioni che erano state formulate risultano poi smentite dai fatti. La Brexit, la vittoria di Donald Trump e in ultimo la rivolta della Catalogna erano stati interpreta­ti da tutti come avveniment­i sconvolgen­ti capaci di fare cadere l’economia e invece niente è stato così. L’unico Paese che sta pagando il conto è la Gran Bretagna.

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