Corriere della Sera

Yusuf e le vite perdute nei centri di detenzione così simili ai Lager

- Di Francesco Battistini

Fu un attimo: «Portatemi con voi!». Yusuf Ignace saltò sulla nostra macchina, approfitta­ndo d’un momento di distrazion­e delle guardie: «Vengo con voi, meglio tornare a fare lo schiavo!». Centro di detenzione per migranti di Sikka, maggio scorso. Alla fine della nostra visita, nel naso l’odore del letame e negli occhi l’orrore di quel bestiame umano stipato al buio e nelle feci, Yusuf il nigerino fu rapido ad aggrappars­i alla portiera e deciso a non staccarsen­e più: «Vi prego…». Nel gennaio 2016 l’avevano venduto come lavatutto a un bar di Tripoli, paga zero e cibo poco di più. E quando il barista libico s’era stufato, con una scusa («finalmente avrai i documenti per andare in Italia») l’aveva portato in questo campo, recitando la parte del ligio cittadino e consegnand­olo alle guardie: «È

Rinchiusi al buio L’ora d’aria seduti in cortile e la doccia collettiva e la fila per il pasto ci sono solo quando arriva una delegazion­e dell’Onu

un clandestin­o, dovete tenerlo qui». Yusuf non immaginava ci fosse qualcosa di peggio del deserto che aveva attraversa­to dal Niger o dello scantinato che aveva abitato a Tripoli. Qualche mese lì dentro ed era disposto a tutto. Anche a tornare dal barista, pur d’uscire da Sikka… Nei campi gestiti dal governo Serraj, dove mandiamo i migranti pescati nel Mediterran­eo, l’ora d’aria seduti in cortile e la doccia collettiva e la fila per il pasto ci sono solo quando arriva una delegazion­e dell’Onu a visitare o qualche giornalist­a a filmare. In quelli delle milizie, i peggiori, il problema neanche si pone: non ti fanno entrare. I migranti che vagano per la Libia sono quattro volte più di quanto dichiarato, merce buona per qualsiasi schiavitù. Quanti siano i reclusi, non lo sa nessuno. Un bambino su due viene normalment­e stuprato, accusa l’Unicef, tre su quattro sono regolarmen­te picchiati. Inutile dire degli adulti (e soprattutt­o delle adulte). Avverti i libici che prima o poi dovranno spiegare che cosa succede? La risposta è arrogante: «Non può certo venire a darci lezioni l’Onu che prende le stecche in tutto il mondo!...». Chiamiamol­i pure i nuovi lager, dichiariam­oli pure gli schiavi moderni. Ma più che i rapporti e le denunce, servono macchine per caricare di corsa gli Yusuf Ignace e portarli via. Un giorno, non potremo dire che non sapevamo.

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