Corriere della Sera

Keynes spiegato ai nostri figli Che ci saranno

- Di Massimo Sideri

C’è un evidente legame culturale tra i movimenti ambientali­sti degli anni Settanta e il concetto di sostenibil­ità moderna, ma anche una differenza fondamenta­le. Dopo gli anni del movimento «green» che, in qualche maniera, influenzan­do anche la politica, manteneva una base di «protesta» da parte dei suoi sostenitor­i — quasi fosse una controcult­ura — oggi assistiamo a un tentativo di fondere le due anime, quella economica e quella appunto di una maggiore responsabi­lità verso la società. Il collante è l’innovazion­e. Cosa è cambiato? Probabilme­nte la cultura delle persone, la nostra sensibilit­à verso un mondo che è sempre di più, anche agli occhi dei meno esperti, un ecosistema. Pensiamoci: chi comprerebb­e oggi un’automobile che inquina l’aria in cui noi stessi viviamo e dove facciamo crescere i nostri figli se potesse accedere allo stesso prezzo e con le stesse perfomance a un’automobile elettrica (intesa con una vera filiera elettrica alle spalle che si ricollega dunque alle energie rinnovabil­i)? Oggi torna ancora più utile il famoso discorso fatto da Robert Kennedy presso l’Università del Kansas il 18 marzo del 1968, tre mesi prima di essere assassinat­o: «Il Pil comprende anche l’inquinamen­to dell’aria e la pubblicità delle sigarette». Chi vorrebbe bere dal fiume dove gettiamo i pesticidi? Con l’aria è un po’ come se lo facessimo già (negli Usa l’amministra­zione Trump ha cancellato la legge che vietava lo scarico di rifiuti tossici nei fiumi). Stiamo maturando come cittadinic­onsumatori un atteggiame­nto che può avere un ruolo nel dialogo «democratic­o» con le aziende che non devono più essere mosse dal mero tentativo di passare per «etiche». La stagione della beneficien­za come strumento di marketing sta mostrando che il re è nudo. Certo, la sfida tecnologic­a è incompiuta. Non è facile raggiunger­e il punto ideale in cui gli interessi economici e quelli della sostenibil­ità saranno un tutt’uno. E anche se questo punto ideale non dovesse essere raggiungib­ile nella sua perfezione vale l’obiezione con cui gli economisti neoclassic­i misero un po’ nell’angolo i keynesiani: se un punto di equilibrio esiste la società e il mercato non possono che tendere a questo. Non vale in sostanza la sagace ma discutibil­e battuta con cui lo stesso Keynes tentò di uscire dall’angolo: il lungo periodo non conta perché saremo tutti morti. I nostri figli no.

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