Keynes spiegato ai nostri figli Che ci saranno
C’è un evidente legame culturale tra i movimenti ambientalisti degli anni Settanta e il concetto di sostenibilità moderna, ma anche una differenza fondamentale. Dopo gli anni del movimento «green» che, in qualche maniera, influenzando anche la politica, manteneva una base di «protesta» da parte dei suoi sostenitori — quasi fosse una controcultura — oggi assistiamo a un tentativo di fondere le due anime, quella economica e quella appunto di una maggiore responsabilità verso la società. Il collante è l’innovazione. Cosa è cambiato? Probabilmente la cultura delle persone, la nostra sensibilità verso un mondo che è sempre di più, anche agli occhi dei meno esperti, un ecosistema. Pensiamoci: chi comprerebbe oggi un’automobile che inquina l’aria in cui noi stessi viviamo e dove facciamo crescere i nostri figli se potesse accedere allo stesso prezzo e con le stesse perfomance a un’automobile elettrica (intesa con una vera filiera elettrica alle spalle che si ricollega dunque alle energie rinnovabili)? Oggi torna ancora più utile il famoso discorso fatto da Robert Kennedy presso l’Università del Kansas il 18 marzo del 1968, tre mesi prima di essere assassinato: «Il Pil comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette». Chi vorrebbe bere dal fiume dove gettiamo i pesticidi? Con l’aria è un po’ come se lo facessimo già (negli Usa l’amministrazione Trump ha cancellato la legge che vietava lo scarico di rifiuti tossici nei fiumi). Stiamo maturando come cittadiniconsumatori un atteggiamento che può avere un ruolo nel dialogo «democratico» con le aziende che non devono più essere mosse dal mero tentativo di passare per «etiche». La stagione della beneficienza come strumento di marketing sta mostrando che il re è nudo. Certo, la sfida tecnologica è incompiuta. Non è facile raggiungere il punto ideale in cui gli interessi economici e quelli della sostenibilità saranno un tutt’uno. E anche se questo punto ideale non dovesse essere raggiungibile nella sua perfezione vale l’obiezione con cui gli economisti neoclassici misero un po’ nell’angolo i keynesiani: se un punto di equilibrio esiste la società e il mercato non possono che tendere a questo. Non vale in sostanza la sagace ma discutibile battuta con cui lo stesso Keynes tentò di uscire dall’angolo: il lungo periodo non conta perché saremo tutti morti. I nostri figli no.