Ma ora siamo consapevoli dei nove limiti della civiltà
Rockström: ne abbiamo già superati tre, i più importanti Auto elettriche e rinnovabili ci permetteranno di ristabilirli
La civiltà è nata nell’Olocene, ricordava Max Frisch trent’anni fa in un suo famoso racconto. L’Olocene è stato un buon momento per l’umanità, ma si tende a dimenticarlo. Nel corso dell’ultimo secolo, infatti, alcuni dei parametri che hanno reso quest’epoca così ospitale sono cambiati in maniera permanente e non sappiamo se saremo in grado di prosperare in condizioni diverse da quelle tipiche degli ultimi 12 mila anni. Per Johan Rockström, direttore esecutivo dello Stockholm Resilience Center, questa lunga era di stabilità ci ha dato un falso senso di sicurezza, ma l’umanità può continuare a crescere e svilupparsi, a patto di rispettare nove limiti planetari fondamentali.
«Con le analisi scientifiche che abbiamo messo a punto si può definire lo stato del pianeta di cui abbiamo bisogno per la nostra sopravvivenza — spiega Rockström —. Entro questi nove limiti si trova un’area stabile di relativa sicurezza, entro la quale la civiltà umana potrà continuare a prosperare». Tra questi nove, però, alcuni sono già stati superati: i tre più importanti, che influenzano i meccanismi di tutti gli altri. «Il primo è la biodiversità, in declino troppo rapido: il pianeta ha bisogno delle foreste, dei prati, delle zone umide e di tutti i suoi animali per funzionare correttamente», spiega Rockström. Il secondo limite fondamentale è la composizione dell’atmosfera: «Con troppa anidride carbonica, il nostro clima sarà sempre meno stabile, con effetti disastrosi su tutte le specie viventi». Il terzo è la proliferazione di prodotti chimici e composti estranei alla natura. «Questi includono inquinanti organici persistenti e diversi tipi di rifiuti nucleari che si concentrano nella biosfera e che alla lunga rischiano di rivelarsi un boomerang e di colpirci, per esempio cambiando inaspettatamente il codice genetico di diverse specie, compresa la nostra», avverte Rockström.
Questa constatazione, a cui l’istituto svedese è arrivato dopo un lungo studio che ha coinvolto una trentina di scienziati da tutto il mondo, carica la nostra generazione di grandi responsabilità. «Dobbiamo trovare una strategia globale per tornare in uno spazio operativo sicuro, trasformando il nostro sistema economico in funzione della sostenibilità ambientale», ammonisce Rockström. «La ricca minoranza del mondo, compresi paesi come il mio, ha beneficiato in maniera insostenibile dell’energia e delle risorse naturali, creando un enorme squilibrio rispetto alle aree più povere», nota. Inoltre, «l’esito di questo processo è altrettanto ingiusto, perché finora coloro che hanno provocato i maggiori danni non sono le vittime numero uno dei cambiamenti climatici».
Come riparare? I Paesi industrializzati si stanno già muovendo in questa direzione. Ma bisogna fare presto: «Negli ultimi anni abbiamo inventato molte tecnologie utilissime per lo sviluppo sostenibile, dagli impianti per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili come il vento e il sole ai veicoli elettrici. Ora però bisogna usarle a tappeto per decarbonizzare l’economia. Il ritmo con cui saremo capaci di tagliare le nostre emissioni a effetto serra nei prossimi 50 anni determinerà le condizioni di vita delle persone sulla Terra almeno per i prossimi 10.000 anni»
La buona notizia è che Rockström vede grandi progressi in atto. «Siamo già entrati nell’era della sostenibilità. Le innovazioni si susseguono a una velocità supersonica e il nostro modo di vivere sta cambiando rapidamente, con il riciclo dei rifiuti, con la generazione distribuita di energia, con la digitalizzazione della produzione e la nascita della sharing economy. Sono cambiamenti che fino a pochi anni fa non si potevano neanche immaginare», ragiona Rockström. In più, abbiamo un asso nella manica: «Grazie ai progressi della scienza, siamo la prima generazione informata del fatto che stiamo mettendo in pericolo la stabilità del pianeta e la sua capacità di reggere lo sviluppo umano come lo conosciamo oggi». Una consapevolezza preziosa, ma in fondo lo sapevamo già. Max Frisch ci aveva avvertiti.
@elencomelli
Negli ultimi anni abbiamo inventato molte tecnologie per lo sviluppo sostenibile Ora vanno usate a tappeto