Corriere della Sera

C’era il mito. E fu la modernità

Cecioni accanto a Canova, Coccorante e Boldini: l’Italia di Sgarbi anche negli artisti minori

- di Stefano Bucci

Il viaggio continua. Dopo quattro tappe sono cambiati (come era logico) protagonis­ti, luoghi e capolavori, ma il progetto di Vittorio Sgarbi è rimasto lo stesso: comporre una storia e una geografia dell’arte in Italia, guidare il lettore attraverso una galleria di meraviglie. Dal mito alla favola bella (La nave di Teseo) è il titolo della quinta tappa di quest’itinerario racchiuso stavolta tra la Venezia di Canaletto e la Milano di Boldini, tra la fine Settecento e i primi Novecento. Ancora una volta, un vero e proprio catalogo di meraviglie spesso inaspettat­e, almeno per i non addetti ai lavori: il Cristo tra i dottori di Paolo Albertis, il Bimbo con il gallo di Adriano Cecioni, il Porto con rovine di Leonardo Coccorante, le Fervide preci di Francesco Ghittoni. Una questione di stili che risente, certo, degli spostament­i progressiv­i del gusto: la maestosità neoclassic­a, la sensualità romantica, la modernità futurista. Ma anche, come sottolinea Sgarbi, degli umori regionali: Ferrara come Firenze, Roma come Napoli. Tra i cinquanta autori assemblati nel libro ci sono i «grandi nomi» (Tiepolo, Hayez, Boccioni) ma, a sorpresa, anche una folla di forse meno noti ma altrettant­o straordina­ri, che Sgarbi invita in qualche modo a scoprire: Lorenzo Bartolini, Ignaz Stern, Carlo Manieri, Domenico Fetti (per celebrarli l’autore accompagna il racconto delle loro storie con citazioni e immagini di Caravaggio, Munch, Degas e Piero della Francesca). In un itinerario sospeso idealmente tra la «morbida grandiosit­à» dell’Ebe di Canova e l’«entusiasmo di colore» della Visita di Lega. Tra il mito e quella favola bella chiamata modernità.

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Sopra: Silvestro Lega, Il canto dello stornello (1867). Sotto: Canaletto, La piazzetta con la Biblioteca di San Marco (1738 circa). A destra: Medardo Rosso, The bookmaker (1894)

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