Eclisse europea e ipotesi Monnet
Rivista europeista per eccellenza, «Il Mulino» non è però monocorde. Tanto che il fascicolo in uscita del bimestrale diretto da Michele Salvati contiene valutazioni divergenti sul futuro dell’Unione. Pessimista si mostra il filosofo Pietro Rossi: dopo un ampio excursus storico, conclude affermando che l’Europa contava di più ai tempi della Guerra fredda, visto che, a 28 anni dalla caduta del Muro di Berlino «si ritrova divisa, e al tempo stesso politicamente più isolata». Si prospetta dunque nel XXI secolo, scrive Rossi, una «eclisse dell’Europa», pericolosa per il complesso degli equilibri planetari.
Invece l’economista Francesco Farina rivaluta l’approccio funzionalista del «padre fondatore» Jean Monnet. Quell’impostazione, volta ad attribuire sempre maggiori competenze alle istituzioni non elette di Bruxelles senza preventive scelte d’indirizzo politico nei singoli Stati, confidava nell’effetto di successive crisi quali fattori di accelerazione del processo integrativo. Ed è stata criticata perché tecnocratica anziché democratica. Ma le difficoltà dell’euro, nota Farina, hanno dimostrato che la visione di Monnet «contiene più di un briciolo di verità». Infatti a questo punto tornare indietro costerebbe ben di più che andare avanti. Quindi è possibile raggiungere nell’eurozona accordi che vadano «al di là delle convenienze e quindi delle intenzioni dei protagonisti». Insomma, come ipotizzava Monnet, potrebbe essere la forza delle cose a rendere possibile l’Europa politica.