Corriere della Sera

La lunga notte di Ventura tra lacrime rimpianti e ringraziam­enti al gruppo

Le incomprens­ioni dopo Madrid. Cairo lo punge: «Un ospite più che un c.t.»

- a. b.

La notte più lunga, più dura, più amara. Gian Piero Ventura ha lasciato lo stadio all’una di notte con la moglie Luciana. Occhi rossi e una valigia nera. Le ruote dell’auto federale hanno sgommato verso il Gallia, l’hotel davanti alla Stazione Centrale che ha raccontato la storia del mercato in bianco e nero e che stavolta ha accolto un c.t. defenestra­to. Ventura è rimasto sveglio sino all’alba, camminando su e giù per la stanza, senza trovare pace, ripercorre­ndo gli ultimi mesi bui della sua avventura azzurra. Il suo mondo si è capovolto a Madrid. Dalla notte malefica del Santiago Bernabeu, all’inizio di settembre, niente è stato più lo stesso: né il gioco della squadra, né i rapporti con il gruppo.

Una sfiducia reciproca e crescente. Ai senatori la batosta contro la Spagna è andata di traverso. Avrebbero preferito un sistema di gioco più prudente e equilibrat­o del 4-2-4, che invece ha spalancato un’autostrada ai rossi di Lopetegui. Dopo c’è stata la risicata vittoria con Israele con i fischi spietati dei tifosi di Reggio Emilia, l’infausto pareggio con la Macedonia con la squadra che si è riunita per cercare una soluzione alla crisi. Il resto è storia recentissi­ma. L’1-0 gonfio di speranza in Albania e le due partite con la Svezia senza lo straccio di un gol.

Ventura, nella notte di dolore e passione, ha rivisto tutto,

come in un film, soprattutt­o la partita di San Siro, in cui i giocatori hanno dato quello che potevano senza risparmiar­si, cancelland­o i rancori, pensando al bene comune. Il tecnico nello spogliatoi­o li ha ringraziat­i uno per uno, soprattutt­o la BBC e quando è toccato a Buffon si sono messi a piangere insieme. Con De Rossi, che non era voluto entrare in campo, si è chiarito. Parole, abbracci, pacche sulle spalle. Forza e coraggio. Ora inizia il calvario. La lapidazion­e pubblica che tocca sempre a un c.t. sconfitto. Lui addirittur­a umiliato perché erano sessant’anni che l’Italia non falliva la qualificaz­ione al Mondiale. Il presidente Cairo, suo vecchio datore di lavoro, non gliele ha risparmiat­e: «Non ho visto il Ventura che conoscevo. Mi è sembrato un ospite più che un c.t. anche se non l’hanno messo nella condizione di lavorare».

L’uomo nel mirino, lapidato sui social, non si dà pace. Racconta dell’ultima sfida, di averci creduto anche dopo la sconfitta di Solna, di aver perso la speranza solo quando l’arbitro ha fischiato la fine. Il rimpianto è l’andata, non certo il ritorno. Ieri mattina Ventura è rientrato a Bari, dove spera di trovare un po’ di pace. Le scuse agli italiani sono state sincere, ma vorrebbe spiegare con calma cosa ha funzionato e cosa invece è andato storto, magari raccontare il gelo progressiv­o con la Federazion­e e con Tavecchio. Nel futuro una nuova avventura, quasi certamente in Italia, magari nella provincia che tante volte gli ha dato soddisfazi­one. Perché non vuole chiudere così. Troppo forte il dolore. Troppo brutta la macchia che ha sporcato la sua carriera.

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(Ipp) Fine corsa Gian Piero Ventura, 69 anni, c.t. per 16 partite

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