Corriere della Sera

I MIGRANTI E LE LEZIONI TARDIVE

- Di Fiorenza Sarzanini

Sono agghiaccia­nti le foto e i video che arrivano dalla Libia. Mostrano uomini, donne e bambini ammassati nei centri di detenzione e costretti a vivere in condizioni atroci. Svelano i dettagli della vendita di esseri umani, come documentat­o dalla Cnn con il reportage sull’asta degli schiavi. Ha ragione l’Alto commissari­o dell’Onu per i diritti quando parla di «mancanza di umanità» e racconta lo choc dei suoi colleghi che hanno effettuato le ispezioni. E fa bene il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani quando annuncia l’invio di una delegazion­e in modo da verificare sul campo che cosa sta accadendo.

Di fronte a simili barbarie nessuno può far finta di niente, si deve agire e bisogna farlo in fretta, senza perdere altro tempo. Perché è vero che la Libia è un Paese nel caos, ma quando al potere c’era il colonnello Gheddafi le condizioni di migranti e rifugiati non erano migliori. Anzi. E il regime di Tripoli impediva alle organizzaz­ioni internazio­nali di entrare nel Paese, dunque non era possibile alcun tipo di controllo.

Sulla base di quelle immagini e della missione in Libia l’Onu ha attaccato in maniera frontale l’Unione Europea e l’Italia per aver siglato un patto con il governo guidato da Al Sarraj. L’accordo ha certamente dei punti deboli, soprattutt­o perché concede ampi poteri alla Guardia costiera locale. Ma è pur vero che la scelta del governo guidato dal presidente Paolo Gentiloni è stata fatta per far fronte all’arrivo di decine di migliaia di migranti.

Una decisione per reagire all’immobilism­o non solo dell’Europa, ma anche degli organismi internazio­nali. Ecco perché alla denuncia dovrebbe seguire adesso un’azione unitaria forte e concreta. Per la prima volta — anche grazie alla mediazione della Ue e dell’Italia — l’Onu con l’Unhcr e l’Oim, l’Organizzaz­ione internazio­nale per le migrazioni, sono state ammesse nelle strutture di detenzione. Ed esiste la possibilit­à di creare proprio nell’area di Tripoli un grande centro di accoglienz­a dove i profughi possano essere ospitati e identifica­ti in modo da favorire poi l’accoglienz­a come richiedent­i asilo negli Stati europei. È questa la strada da percorrere per salvare le persone e garantire loro condizioni di vita accettabil­i. Ma per ottenere il risultato bisogna procedere insieme. Ergersi sul pulpito e dare lezioni non serve a risolvere i problemi, soprattutt­o se sono così complessi come quelli che si devono affrontare quando si deve gestire un esodo migratorio dagli Stati africani. Bisogna farlo superando gli egoismi e mettendo invece a disposizio­ne degli altri competenze e capacità.

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