Corriere della Sera

Gli scenari post voto Berlusconi teme nuove fratture nel Pd e un asse con i 5 Stelle

- M5S (maggiorita­rio) Fonte: Ipsos Corriere della Sera

Berlusconi non si fida. Più si avvicinano le elezioni più si mostra perplesso sulla prospettiv­a delle larghe intese, che oggi è considerat­a l’ipotesi di scuola: se dalle urne non emergesse una maggioranz­a omogenea, il patto di governo tra Forza Italia e Pd viene dato quasi per scontato. Per il Cavaliere invece di scontato non c’è nulla, visto come nutre di dubbi i suoi ragionamen­ti e si interroga sulla reale capacità di Renzi di gestire questo eventuale processo.

Perché in caso di sconfitta, secondo Berlusconi, un partito scosso e con un leader contestato potrebbe ulteriorme­nte dividersi. E la nuova frangia scissionis­ta potrebbe essere magari tentata di appoggiare la nascita di un esecutivo a guida grillina, d’accordo con Mdp. D’altronde è da tempo che Bersani si dice pronto a uno «streaming» con Di Maio e ieri su La7 ha ribadito il suo pensiero: «Con la destra non vado, quanto ai Cinquestel­le decidano dove li porta il cuore...». Appunto.

L’analisi del Cavaliere, che sarà anche un processo alle intenzioni, contiene due messaggi: uno è indirizzat­o all’opinione pubblica, per fornire l’immagine di un Pd poco affidabile e accreditar­si come unico argine alla deriva populista; l’altro è rivolto a Salvini, per avvisarlo che a forza di giocare con i grillini potrebbe essere giocato. È vero che sono tante, troppe le variabili perché il leader azzurro possa spingersi oltre in un simile scenario, ma in politica tutti studiano in anticipo le mosse altrui per non farsi trovare impreparat­i.

Bersani, per esempio, immagina che Berlusconi non si stia predispone­ndo alle larghe intese: «Piuttosto sono conta vinto che, se il centrodest­ra arrivasse primo alle elezioni senza avere una maggioranz­a autosuffic­iente, forzerebbe la mano per tornare subito al voto», come ha fatto Rajoy in Spagna. Con l’obiettivo di conquistar­e i consensi mancanti per formare in autonomia un governo. Ecco su cosa ragionano i dirigenti di partito, nonostante la partita non sia iniziaL’obiettivo Come sarebbe la Camera se si votasse oggi, in base agli ultimi sondaggi (Pd alleato con Ap) Pd 98

Pd+Ap (maggiorita­rio) 54

Ap 12

Sinistra (Mdp) 23 e non si conoscano le formazioni che si sfideranno.

Se il centrodest­ra deve trattare «solo» sui collegi e sulle liste di appoggio, il centrosini­stra è appena un cantiere. minimo del Pd è di avere un alleato alla sua destra e uno alla sua sinistra. E se appare impraticab­ile la strada che conduce a Mdp, si è aperto un sentiero verso Campo pro- M5S 110

Centrodest­ra (maggiorita­rio) 114

FI 62 Lega 58

FdI 18 Altri 5 gressista. Pisapia è rassegnato al fallimento del piano originario: «Mi ero speso per un progetto unitario di tutta l’area — ha spiegato — ma il progetto è mutato. Questo non vuol dire che mi tiri indietro».

Il punto è che l’impegno dell’ex sindaco di Milano sembra limitato alla riuscita dell’accordo programmat­ico con i democrat ma esclude una personale discesa in campo: «Non mi candido». Il pressing dei dirigenti di Cp perché ci ripensi è proseguito l’altra sera, nel corso del vertice che ha sancito l’avvio del dialogo con il Pd: «La tua assenza dalla lista indebolisc­e la lista». Pisapia ha ribadito il suo contributo per la riuscita del progetto e si è ripromesso di guidare le trattative con i democrat. Senza dare però altre garanzie.

Garanzie che Cp attende anche dal Pd, sui contenuti e sulla struttura della coalizione. Tema delicato (quasi) quanto la distribuzi­one dei collegi uninominal­i. Perché una cosa è se Campo progressis­ta sarà l’unico contenitor­e «a sinistra», altra cosa è se ci saranno altri simboli sulla scheda, se cioè Radicali, Verdi e Socialisti presentera­nno liste autonome, che porterebbe­ro alla frammentaz­ione del consenso di quell’area e pregiudich­erebbero il superament­o della soglia del 3%. Se così fosse — in base al Rosatellum — quei voti andrebbero tutti al Pd. E Cp non vuol ridursi nella parte del portatore d’acqua di Renzi: piuttosto non presentere­bbe la sua lista.

La «linea Rajoy» Ma Bersani è convinto che se il centrodest­ra sarà in testa chiederà di tornare alle urne

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