Corriere della Sera

La stretta del Senato sui cambi di casacca (dopo i numeri record) Passaggi più difficili e stop ai nuovi gruppi

- di Dino Martirano

Al termine della legislatur­a in cui il Senato avrebbe dovuto essere declassato ad assemblea di sindaci e consiglier­i regionali, a Palazzo Madama arriva la riforma del regolament­o che — se approvata dall’Aula — metterà un freno al malcostume dei cambi di casacca da un gruppo all’altro (oltre 500 dal 2013 nei due rami del Parlamento).

Nei «comandamen­ti» per i senatori scritti con l’assenso di tutti i partiti ci sono altre novità, non di poco peso: tempi stretti per le manovre ostruzioni­stiche, fusione della «seduta antimeridi­ana» e di quella «meridiana» (addio alla ripresa alle 16.30), lavori più lunghi anche per le commission­i, la XIII commission­e per gli Affari europei diventa permanente, valutazion­e dell’astensione per quello che è (ora vale come voto contrario).

Ma la novità più rilevante della bozza — che la scorsa estate il presidente Pietro Grasso ha affidato a un comitato ristretto: Zanda (Pd), Bernini (FI), Calderoli (Lega), Buccarella (M5S) — riguarda i cambi di casacca. Il testo già approvato all’unanimità dalla Giunta per il regolament­o prevede che i gruppi parlamenta­ri dovranno essere soltanto quelli cristalliz­zati al momento delle elezioni. Il senatore che poi dovesse staccarsi dal suo partito avrà due possibilit­à: andare nel Misto oppure traslocare in un gruppo che già esiste. In ogni caso, perderà i gradi (se li ha) di vicepresid­ente e di segretario d’Aula.

«Nuovi gruppi in corso di legislatur­a possono essere costituiti solo risultanti dall’unione di gruppi già costituiti»: e questo vuol dire che non vedremo più le migrazioni verso entità tipo Ala, Gal, Riscossa Italia, Idea, ecc. che in questi anni hanno preso corpo con simboli assenti dalle schede elettorali. Ma la legge è uguale per tutti. E così con il Regolament­o che il Senato potrebbe approvare a fine novembre, prima che si scateni la guerra sullo ius soli, né il Nuovo centrodest­ra di Alfano, staccatosi da Forza Italia, né Mdp di Bersani, costola del Pd, avrebbero potuto formare gruppi autonomi. Sul tema — divieto di mandato imperativo — la dottrina si divide ma il costituzio­nalista Stefano Ceccanti sottolinea che la norma è linea con la Carta perché chi cambia casacca può sempre andare nel gruppo Misto.

Il presidente Grasso può essere soddisfatt­o anche perché l’iniziativa la prese lui aprendo i lavori di un convegno nella Sala Zuccari lo scorso 22 giugno. Ma la ragione politica dell’unanimità raggiunta la spiega il capogruppo del Pd, Luigi Zanda: «Nessuno sa chi vincerà le prossime elezioni, per cui tutti hanno un interesse a far funzionare bene il Senato...». Chissà se alla Camera prevarrà lo stesso schema.

Basta pranzo «lungo» Nel testo in discussion­e salta la pausa pranzo lunga con la ripresa dei lavori alle 16.30

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