Mantovani: «È una frontiera che dobbiamo esplorare Ma cautela sugli embrioni»
Qual è la portata in termini di innovazione scientifica del nuovo trattamento sperimentato a Oakland, negli Stati Uniti, su un uomo affetto da sindrome di Hunter?
«La prima considerazione da fare è che le tecniche per modificare il Dna, come quella degli Zinc Fingers (“dita di zinco”) usata in questa occasione, o come la più diffusa Crispr-cas9, stanno cambiando profondamente le prospettive nel campo della ricerca per la salute» commenta Alberto Mantovani, immunologo di fama internazionale e direttore dell’Istituto Scientifico Humanitas Irccs di Milano. «Tutti noi, anche nel nostro laboratorio, le utilizziamo, in particolare la Crispr-cas9, per esempio per cercare di togliere i freni alla risposta immunitaria contro il cancro. In questo caso va sottolineato che è stato compiuto uno sforzo per una patologia molto rara e ciò è importante perché bisogna farsi carico della cura non solo di malattie che colpiscono molti ma anche di quelle che riguardano pochi o pochissimi».
Quindi solo entusiasmo?
«Vedo anche una criticità. Che è rappresentata, in generale, da annunci che non siano preceduti o accompagnati da una pubblicazione su riviste accreditate, cioè senza che la comunità scientifica possa vagliare metodologia e risultati. Ciò deve indurre a un atteggiamento molto prudente. In agosto, solo per fare un esempio, è stato pubblicato un esperimento su Nature, quindi una delle rivista più prestigiose, in cui veniva descritto l’editing genetico su cellule embrionali umane per curare una malattia cardiaca congenita. E da allora questo lavoro è al vaglio degli esperti internazionali e ha suscitato molte discussioni. Bisogna essere molto fermi nel pretendere che venga data questa possibilità. In questo modo ci si può interrogare sui dati, sulla metodologia e su altri aspetti».
Ci sono anche risvolti etici da considerare?
«In questo settore certamente sì. La modificazione del genoma a scopo terapeutico è una frontiera, che dobbiamo e vogliamo esplorare, ma è necessaria grande cautela per tanti motivi, ovviamente sopratutto quando si applica su cellule embrionali, anche perché sappiamo che queste metodiche non sono esenti da errori».
Quali sono le condizioni da rispettare?
«Io sono convinto che gli avanzamenti su questa strada richiedano tre requisiti. Il primo è che ci sia la massima trasparenza da parte degli autori delle ricerche: nulla deve essere tenuto celato, sia in senso tecnico sia in termini di conflitti d’interesse. Il secondo, come detto, è la disponibilità a mettersi in discussione di fronte alla comunità scientifica. Il terzo è che ogni esperimento sia condotto con un grande senso di responsabilità sociale e sia portato a livello di discussione generale per capire fino a dove possiamo spingerci».
Tecniche simili a questa vengono utilizzate in vitro anche nei nostri laboratori all’Humanitas L’immunologo «Gli autori degli esperimenti devono garantire la massima trasparenza»