Corriere della Sera

C’è il rischio di errori? Un virus usato come «taxi» per introdurre un gene sano Le differenze tra il taglia e cuci utilizzato nella tecnica Crispr

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In cosa consiste la tecnica usata negli Usa per trattare il paziente affetto da sindrome di Hunter? E come funziona? Lo abbiamo chiesto a Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon di terapia genica di Milano.

Per cominciare: che cos’è la sindrome di Hunter e a che cosa è dovuta?

Si tratta di una patologia lisosomial­e, in cui, cioè, i lisosomi, organelli all’interno delle cellule, non funzionano bene perché hanno un gene che non è capace di far produrre alla cellula un determinat­o enzima. La funzione dei lisosomi è riciclare o eliminare la cosiddetta «spazzatura cellulare». Se non svolgono il loro lavoro questa si accumula e la cellula muore. La conseguenz­a è la sofferenza di vari organi nel corpo.

Come si cura attualment­e questa malattia?

Con infusioni settimanal­i dell’enzima, che sono costosissi­me e che vanno fatte per tutta la vita.

Come funziona la nuova terapia sperimenta­ta in questo caso?

La tecnica consiste nel somministr­are un gene funzionant­e in modo che possa lavorare al posto di quello difettoso, così da permettere alle cellule di produrre l’enzima necessario.

Come si riesce a fare arrivare il gene giusto nelle cellule?

Il gene viene somministr­ato usando come «taxi» un virus che può raggiunger­e le cellule dell’uomo e rilasciarv­i il gene giusto insieme a «istruzioni» per far costruire alla cellula molecole chiamate Zinc fingers («dita di zinco»), capaci di identifica­re la sequenza di Dna che si desidera, di «tagliarla» e di inserire al suo posto il gene giusto (il gene è una sequenza di Dna, ndr). Ovviamente il virus utilizzato viene prima modificato in modo da renderlo totalmente innocuo.

Ma se il difetto riguarda tutte le cellule com’è possibile sostituirl­o dappertutt­o?

Non succede. L’obiettivo è farlo arrivare a un numero sufficient­e di cellule del fegato, basta anche solo l’1% di esse.

Perché proprio il fegato?

Perché le cellule epatiche sono fabbriche molto efficienti di proteine (gli enzimi sono proteine, ndr), quindi inserendo il gene giusto in questa sede si mette l’organismo in condizione di produrne molto. Le cellule del fegato, sintetizza­to l’enzima, lo rilasciano nel sangue e le cellule di tutto il resto dell’organismo possono «prenderlo» e usarlo. Fra l’altro il gene viene inserito al posto non di quello difettoso, ma di quello che fa costruire l’albumina, la nostro proteina più importante. Così si inserisce la nuova «istruzione» in una «macchina cellulare» ad altissima efficenza.

E basta una volta per tutta la vita?

Se funziona sì, perché una volta incorporat­o il gene dovrebbe restare lì.

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