L’inno di Mameli oggi è nazionale
Suonato dal ‘46 era provvisorio per decreto Ora rappresenta la Repubblica
Il «Canto degli italiani» scritto dal poeta Goffredo Mameli nel 1847 sullo spartito musicale del maestro Michele Novaro è uscito da una lunga condizione di precarietà. E ora, a 71 anni dal decreto firmato da Alcide De Gasperi, che nel ‘46 autorizzava in via provvisoria il suo utilizzo nelle cerimonie militari, diventa ufficialmente l’Inno della Repubblica italiana grazie a una legge approvata dal Parlamento. La sostanza comunque non cambia. Presto un decreto del presidente della Repubblica, previa deliberazione del governo, dovrebbe confermare la prassi cui si attengono da sempre le bande musicali nelle occasioni ufficiali: delle cinque strofe in cui si articola il «Canto degli italiani» vanno eseguite soltanto le prime due.
Per stabilizzare l’Inno di Mameli, dopo molti tentativi falliti, ci è voluto un testo di appena due commi approvato all’unanimità in sede legislativa nelle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato. L’iniziativa è dovuta alla perseveranza di un deputato piemontese del Pd, Umberto D’Ottavio, che già quando era sindaco di Collegno (Torino) lanciò un appello per ripristinare la festa del 2 giugno abolita 20 anni fa. Il testo di D’Ottavio, che ha raccolto 40 firme tra i Dem e non solo, è stato accompagnato da alcune circostanze decisive: la spinta di Fratelli d’Italia («Finalmente ce l’abbiamo fatta», ha detto Giorgia Meloni), l’appoggio convinto di Forza Italia («Da genovese, come Mameli e Novaro, sono orgoglioso», ha commentato il relatore di FI Roberto Cassinelli) e, soprattutto, il silenzio assenso di Lega e M5S.
Il capo dello Stato in qualche modo aveva anticipato la decisione del Parlamento. Il 5 settembre, in occasione del 190° anniversario della nascita dell’autore dell’Inno, Sergio Mattarella aveva detto: «Rendere omaggio oggi a Goffredo Mameli significa consolidare l’ordito del glorioso percorso dell’unificazione del nostro Paese e del consolidamento dello Stato democratico».