L’INFORMAZIONE È UN BENE PREZIOSO DIFENDIAMOLA PER MIGLIORARLA
Qualche anno fa, con due colleghi, ho scritto un libro Le regole dei giornalisti — Istruzioni per un mestiere pericoloso, il cui titolo, ahimè, risulta oggi quanto mai attuale.
Il pericolo evocato era ovviamente quello giudiziario, ma adesso è preoccupante quello fisico, che riguarda molti, troppi professionisti dell’informazione.
Una categoria, purtroppo, sempre più delegittimata, a prescindere dai meriti e dalle colpe dei singoli e non solo da coloro cui dà fastidio; una categoria — e questo è il problema più serio, perché alimenta gli altri — la cui funzione sociale non è più riconosciuta e condivisa, non è più strumento essenziale di conoscenza ed elemento fondante della democrazia.
Appare, piuttosto, a molti un inutile orpello o, peggio, uno strumento da usare e, se necessario, piegare ad interessi più o meno nobili. Ma non è tutto. L’altro giorno, un articolo mi ha colpita: la notizia, l’arresto di una persona, il cui cognome era stato omesso; a corredo una didascalia senza le generalità, posta sotto la sua foto.
Una cautela di per sé incomprensibile — da sempre il nome degli arrestati viene diffuso, anche per tranquillizzare i familiari — vanificata, in ogni caso, dalla contemporanea divulgazione dell’immagine.
Ho chiamato l’autore che, sconsolato, mi ha detto di aver avuto dagli inquirenti la foto, ma non il cognome, nonostante le sue insistenze, senza alcuna spiegazione plausibile, perché non ce ne sono.
La Cassazione non ha mai messo in discussione, infatti, che i nomi degli arrestati, al pari di quelli degli imputati e dei condannati, possano essere diffusi, essendo essenziali per un’informazione completa, eppure quel nome il giornalista non lo avuto e la notizia è circolata sì, ma monca.
Un episodio banale, che nulla toglie alla professionalità di chi opera sul campo, ma che la dice lunga sulla considerazione di
cui gode l’informazione oggi, depauperata com’è del suo ruolo — un cane da guardia che raramente morde — sopravanzata dalla convinzione, meramente apparente, di poter sapere subito tutto su tutto, con un clic, impoverita di risorse e ostacolata con ogni mezzo, anche legislativo, nella ricerca delle notizie, specie di quelle scomode.
E là dove non arriva la legge, subentrano l’ostilità preconcetta, il diniego gratuito, norme spesso ambigue, di difficile interpretazione, per tutte quelle sulla privacy, che rendono più facile dir di no, tanto non costa nulla.
La ricerca delle notizie diventa così sempre più difficile, no- nostante gli sforzi, i segreti aumentano, le sanzioni anche, i muri di gomma finiscono per diventare invalicabili.
Ecco perché le manifestazioni di solidarietà, certo un balsamo per chi ha subìto ferite non solo fisiche, non bastano, peggio non servono.
Occorrerebbe, invece manifestare, finché non si riesce a ricostruire il rapporto di fiducia con l’opinione pubblica, sempre più convinta che non si debba più credere ai giornalisti, stare in piazza fino a quando non sarà consentito il libero accesso alle fonti consultabili; e bisognerebbe tornare a cercare le notizie, senza attendere che arrivino, magari già edulcorate, perché tornino ad essere indispensabili.
Si capisce quanto è importante l’acqua, solo quando manca, un giorno l’informazione, quella vera, potrebbe sparire e solo allora potremmo accorgerci di avere sete.
Lavoro complesso La ricerca delle notizie è diventata più difficile, i segreti aumentano, le sanzioni anche Ostilità preconcetta Là dove non arriva la legge, subentrano il diniego gratuito e norme ambigue