Corriere della Sera

Le nozze in tribunale Storia (quasi) vera di cinquant’anni fa

- di Carlo Baroni

Per capirla dovevi starci dentro. Immergerti fino al collo, affogarci l’anima. Esserci nato era solo un inizio. Per guardare la Sicilia non bastavano gli occhiali della storia o della sociologia. Dovevi indossare i suoi abiti. Che sono qualcosa di più del costume di un popolo. Il 1969, per esempio, lì era un’altra cosa. Che non veniva dopo il Sessantott­o e prima dei Mondiali del ’70. E chi parla di arretratez­za conosce solo la lingua del pregiudizi­o e del sentito dire. Fimminedda il romanzo, anzi la «storia quasi vera» di Michele Guardì (Sperling & Kupfer, pp. 200, 16,90), comincia proprio l’anno che i Beatles avevano deciso di dire basta. Non che ad Acquaviva la notizia avesse sconvolto più di tanto. Quello era un piccolo paese dove succedevan­o cose ben più sconvolgen­ti. E irreparabi­li. Tipo il matrimonio tra Palmina e Vincenzo. Riparatore s’intende. Lui che le fa la serenata, lei che si scioglie, ma non ha l’età. La fuitina e tutto il resto. O quasi. Manca l’happy end. L’amore, se amore c’è, è platonico davvero. Come dicono i giuristi, matrimonio rato e non consumato. Niente sesso, per semplifica­re. Il dramma qui diventa commedia. Lui che di cognome fa Coniglio, e qualcosa forse voleva dire, non ci sta a passare per marito inadempien­te agli obblighi coniugali (e anche questo è un eufemismo). O meglio è la madre, che vive con la coppia, a riversare sulla nuora la colpa della mancanza di figli. Apriti cielo. Palmina scappa e torna a casa. Vincenzo la denuncia per abbandono del tetto coniugale. Comincia la causa. Ma un processo in Sicilia non è solo una rivendicaz­ione di diritti negati. Una faccenda privata. No, è come se l’isola tutta fosse chiamata dentro l’aula a schierarsi di qua o di là. E la Verità non è detto che stia sempre nel mezzo. Quanto a trionfare, poi. Acquaviva partecipa, s’infervora, dibatte. Viene fuori un paese che è maschilist­a solo di facciata. Le vicende intime finiscono sulla pubblica piazza ma nessuno pensa sia un’intromissi­one indebita. Tantomeno i diretti interessat­i ai quali, in fondo, non dispiace finire in prima pagina nei discorsi della gente. Ci sono gli avvocati di provincia che per qualche settimana si sentono i perrymason dell’isola. Riemerge la passione per il Diritto che li aveva portati a Palermo pieni di sogni e rispediti a casa con qualche certezza in meno. Che un buon avvocato sa che non può essere mai sicuro di niente. Il tassista che diventa il depositari­o di verità inconfessa­bili che nel giro di un’ora diventano patrimonio di tutti. Il «padreparro­co» che guarda dall’alto e quando si butta nella mischia assomiglia tanto a Don Camillo. Non ci sono comprimari in questa commedia umana, anche chi sta dietro ha almeno una parola importante da dire. È il 1969, ma potrebbe essere il 1169 o il 2569, certe cose non cambiano. Le leggi, magari, sì. L’animo umano, le debolezze e le virtù restano nei secoli fedeli. In Sicilia di più.

L’evento: il libro di Michele Guardi, Fimminedda, Sperling & Kupfer, sarà presentato a Roma, martedì 21 novembre (ore 18.30, Rome Cavalieri Hilton, via Alberto Cadlolo 101). Con l’autore intervengo­no: Pippo Baudo, Valerio Caprara, Marino Niola. Letture di Myriam Catania

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Renato Guttuso, Donna alla finestra (1942, olio su tela)

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