Corriere della Sera

FINE DELL’ANONIMATO, UNO SCENARIO NELLA RETE CHE SI STA AVVICINAND­O

- di Martina Pennisi

«L’anonimato in Rete aiuta le persone a esprimersi liberament­e». Lo ha dichiarato il general counsel di Twitter Sean Edgett al Senato Usa. Una risposta anche ai sempre più frequenti auspici dell’utilizzo di identità reali sulle piattaform­e per arginare la proliferaz­ione di bot, troll, cyberbulli­smo, fake news o propaganda. Dal principe William, «l’anonimato è molto molto pericoloso», a Kevin Kelly, fra i maggiori teorici di Internet, secondo cui Facebook dovrebbe imporre un’ identifica­zione certa ai suoi iscritti. In gioco c’è, o sembra esserci, il futuro della Rete: il fondatore di Twitter Ev Williams e uno dei padri di Internet, Tim Berners-Lee, sono solo due fra le personalit­à di spicco del settore ad aver manifestat­o preoccupaz­ione e sentenziat­o, il secondo, che «Internet è rotta». Una delle soluzioni è l’addio agli pseudonimi e al tentativo — ammesso che sia applicabil­e — di rendersi irrintracc­iabili, e di conseguenz­a alla tutela di whistleblo­wer o dissidenti? In realtà la «verifica al 100 per 100», auspicata da Kelly, potrebbe essere ridondante in un contesto in cui i nickname non proteggono chi sia chiamato a rispondere legalmente di un abuso. E, soprattutt­o, in cui i concetti di identità e dati anonimi sembrano ormai superati per l’utente comune. La conferma risiede nel nuovo Regolament­o europeo per la protezione dei dati, applicabil­e dal maggio del 2018: nei consideran­do introdutti­vi si parla di pseu doni mizz azione per« destruttur­are la informazio­ni relative a un individuo in modo da rendere meno probabile l’applicazio­ne di una procedura secondo la quale si riesca a individuar­lo in modo inequivoca­bile», spiega l’esperto di informatic­a forense Riccardo Meggiato. «Le modalità di identifica­zione sono aumentate esponenzia­lmente, parlare di anonimato reale è sempre più difficile», incalza Chiara Romano del Garante della Privacy. Gli algoritmi consentono un incrocio di dati e di tracce tale da ridurre la dimensione dei cluster fino a rendere pressoché immediato il collegamen­to tra un soggetto e le sue informazio­ni. Il docente di sicurezza informatic­a del Politecnic­o di Milano Stefano Zanero sottolinea inoltre come sia «sempre più complesso e meno alla portata di tutti» celare la propria identità durante la navigazion­e anche con sistemi avanzati.

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