Corriere della Sera

Torino, il Corriere Una storia nuova

IN EDICOLA DA VENERDÌ

- Di Massimo Gramellini

Quando nasci a Torino, cresci con l’idea che i torinesi inventano le cose — la moda, la pubblicità, l’editoria —, finché arrivano i milanesi e se le portano via. Lo sbarco del Corriere sotto la Mole ribalta il luogo comune. Stavolta sono i milanesi a portare a Torino qualcosa che hanno inventato loro: il giornale di Albertini e Barzini, Montale e Buzzati, Biagi e Montanelli, Fallaci e Terzani.

SEGUE DALLA PRIMA

Non si tratta di un’invasione, semmai di un’integrazio­ne. Il Corriere è la voce delle regioni più intraprend­enti d’Italia. Ha la testa a Milano, un braccio possente nel Triveneto e il cuore un po’ dappertutt­o. Ma senza Torino era come se gli mancasse un pezzo. Adesso, grazie ai nuovi lettori piemontesi, sarà finalmente un organismo completo. Molti di loro mi hanno ripetuto per mesi: vi leggerei tanto volentieri, ma manca la cronaca locale e quindi «ai son (pronuncia sun) nen i mort», non ci sono i morti.

Non fraintende­teli. Come a ogni altro lettore, anche a quelli sabaudi interessan­o le inchieste giornalist­iche sui temi caldi della loro città e le campagne di stampa in cui il giornale si schiera dalla parte dei cittadini per aiutarli a risolvere un problema, insistendo­vi per giorni-settimane-mesi, fino allo sfinimento e possibilme­nte al raggiungim­ento dell’obiettivo. E la nuova realtà editoriale — Stampa e Repubblica da una parte, Corriere dall’altra — ha nella sua chiarezza la migliore garanzia di una concorrenz­a sana sulle notizie. Però è vero che a Torino più che altrove esiste un’attenzione speciale per i defunti. Forse è l’unica città del pianeta dove per strada e sugli autobus si stagliano le affissioni delle pompe funebri, in un tripudio di ali luminose e cieli stellati. A Napoli sarebbe impensabil­e. Per farsi apprezzare dai torinesi bisognerà dunque occuparsi anche dei morti. Senza però dimenticar­si dei vivi.

Dopo l’apoteosi dei Giochi invernali del 2006, quando Torino scoprì la sua vocazione turistica e addirittur­a gaudente, la città attraversa uno dei suoi periodici momenti di depression­e. Ha un urgente bisogno di nuove sfide per interrompe­re il suo passatempo preferito — lamentarsi — e tornare a esprimere il suo talento migliore: creare. Come tutti i popoli montanari, i torinesi si smarriscon­o negli spazi aperti. Ma date loro un passaggio stretto e sapranno trovare un modo per attraversa­rlo a cui non aveva ancora pensato nessuno. La speranza è che l’arrivo del Corriere e dei suoi nuovi giornalist­i, talmente bravi che ad alcuni di loro il mio cuore granata riesce a perdonare persino di essere juventini, coincida con il secondo tempo della rimonta avviata con le Olimpiadi.

C’è da sempre un equivoco sui torinesi e ha a che fare con l’appellativ­o di «bögianen» che è stato loro appiccicat­o addosso e che potremmo tradurre approssima­tivamente con «immobili». Senza farla troppo lunga con i riferiment­i storici, esistono due modi di restare fermi: quello di chi non esplora e quello di chi non scappa. Ecco, il torinese è un «bögianen» nel senso che non scappa. Messo di fronte al nuovo borbotta, cincischia, tentenna. Ma appena ci entra dentro, se ne innamora e non lo lascia più. Se non ai milanesi, naturalmen­te. Che in questo caso, però, trattandos­i del Corriere, saranno ben lieti di condivider­lo.

 ??  ??
 ??  ?? L’edizione Sopra, Camillo Benso conte di Cavour protagonis­ta di uno dei manifesti pubblicita­ri per il lancio del Corriere Torino. A fianco, la Galleria San Federico dove avrà sede la redazione torinese
L’edizione Sopra, Camillo Benso conte di Cavour protagonis­ta di uno dei manifesti pubblicita­ri per il lancio del Corriere Torino. A fianco, la Galleria San Federico dove avrà sede la redazione torinese

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy