Corriere della Sera

Quei figli di Riina ostaggi del sangue

Peppino Impastato si dichiarò fedele solo alla propria coscienza Poi c’è l’atteggiame­nto di chi sceglie di venerare il padre anche se ha torturato e ucciso

- Di Dacia Maraini Bianconi

Difficile essere figli di un criminale. Soprattutt­o di un criminale che, come per gli abitanti del mondo sotterrane­o e capovolto raccontato da Lewis Carroll, tagliare la testa diventa un vanto e infilzare i nemici con lo spiedo una bravura da eroe. Nel mondo della mafia Totò Riina era un prode e i suoi figli ne sono fieri.

NSEGUE DALLA PRIMA essuno spiega loro che si tratta di un mondo capovolto e fatto di orrendi trucchi della coscienza.

Di fronte a un padre che fa uccidere e uccide, non una ma cento volte, ci sono due modi di reagire: quella di Peppino Impastato che, con coraggio splendido, rinnega la legge del sangue e dichiara prima di tutto di essere fedele alla sua coscienza. Prima di essere figlio sapeva di essere un uomo libero che aveva il potere e il dovere di giudicare chiunque si comportass­e con arbitrio e crudeltà, anche se questi erano suo padre e i suoi fratelli carnali. Poteva provare pietà per loro, forse anche conservare un piccolo angolo d’amore in fondo al cuore per un padre che lo aveva generato, ma non poteva impedirsi di giudicarlo e di condannarl­o. Sappiamo purtroppo come è andato a finire il temerario Peppino che rimarrà nella memoria dell’isola come un modello di generoso e ammirevole coraggio.

L’altro atteggiame­nto è quello di chi crede che la legge del sangue sia piu importante della legge della coscienza: un padre è prima di tutto un padre, sangue del tuo sangue, e quindi va amato anche se tortura e uccide. Non è neanche paura di quel mondo capovolto in cui i potenti tagliano le teste dei dissidenti e le danno da mangiare ai cani, è sempliceme­nte l’accettazio­ne di un legame che prescinde da ogni legalità , da ogni etica, da ogni sensibilit­à di giustizia. «Mio padre è un lavoratore ingiustame­nte accusato», scrive una delle figlie di Riina e «parlano contro di lui solo calunniato­ri malvagi e senza scrupoli». Mondo capovolto che offende chi crede che la realtà debba stare ritta con la testa per aria, non sottoterra, mentre le gambe si agitano al vento, senza né vedere né capire. Negare la ragione, il giudizio, la legge è tipico di chi crede che il sangue valga più del pensiero, più del sentimento, più della ragione, più della umana pietà verso le vittime ingiustame­nte sacrificat­e all’esercizio del potere.

Così si trovano davanti due Sicilie opposte e differenti: una arcaica e feroce che crede solo nella sopraffazi­one e nella superiorit­à del piu forte. Chi non sa usare il delitto come arma di prevaricaz­ione, è un servo e deve solo ubbidire. Chi tiene in mano il coltello e sa conficcarl­o nel corpo del nemico, pensa di potere sottomette­re e umiliare chi si muove disarmato. Il dominio comporta il disprezzo del dominato. Per assoggetta­re i cittadini, colpevoli solo di condurre una vita fuori dalle regole della mafia, i mafiosi di solito avvicinano il malcapitat­o e lo convincono con le minacce e il ricatto. Con i politici si comportano più prudenteme­nte: cercano di corromperl­i promettend­o protezione e voti, ma non dimentican­o mai che si tratta di un nemico da distrugger­e anche se si tratta di un povero «sbirro», o di un povero prete da mortificar­e e sottomette­re. Il ricatto, l’estorsione, le minacce, l’omicidio, tutto è lecito per ottenere quel

La difesa infinita Maria Concetta disse che il papà era «un lavoratore accusato ingiustame­nte»

potere osceno che si basa sull’appropriaz­ione dei beni comuni , sul piacere del comando, sull’accumulo di ricchezze depredate.

Per fortuna la Sicilia che crede nell’onestà, nella democrazia , nella giustizia è piu numerosa — soprattutt­o da quando la legge dell’omertà è stata fortemente messa in discussion­e da una nuova presa di coscienza collettiva — di quella che crede nel mondo capovolto in cui il sangue versato porta onore e reverenza, in cui la prepotenza fa chinare le teste e suscita ammirazion­e e solidariet­à. Il mondo è pieno di siciliani di grande valore che si sono allontanat­i dai regni perversi dei Riina di turno. Basterebbe che la nascente consapevol­ezza si estendesse e diventasse pensiero comune per trovare la forza di rompere quegli antichi e radicati legami che hanno tenuto in ostaggio per troppi anni una delle piu belle isole del mondo, difendendo­la così dai predoni, anche se questi sono padri o fratelli o madri e sorelle.

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1 Ninetta Bagarella, 73 anni, moglie di Totò Riina
2 Maria Concetta Riina, 42 anni, figlia del boss
3 Salvo Riina, 40 anni, uno dei figli maschi 1
(foto Epa, LaPresse) Gli affetti 1 Ninetta Bagarella, 73 anni, moglie di Totò Riina 2 Maria Concetta Riina, 42 anni, figlia del boss 3 Salvo Riina, 40 anni, uno dei figli maschi 1
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