L’amarezza di Padoan per la mancata firma E su Katainen: intollerabile
Lo sfogo dopo l’impasse previdenziale e gli attacchi Ue
Pier Carlo Padoan arriva al Parco della Musica da un’entrata secondaria, al riparo dell’assalto dei flash. Non nasconde la stanchezza di una settimana impegnativa, per gli spostamenti che lo hanno visto a Londra, a Salerno e poi di nuovo a Roma, e per le questioni affrontate. A inizio di settimana l’attacco del vicepresidente della Commissione europea, il finlandese Jyrki Katainen, per il quale il governo di Roma non dice la verità ai cittadini sulla crescita, ieri il no della Cgil alle proposte sulle pensioni.
Al primo risponde subito prendendo la parola al Festival «Economia come» in corso all’Auditorium
I conti «Presto il debito scenderà sotto il 130% del Pil, poi potrebbe andare veloce sotto il 120» Bruxelles Mercoledì le «pagelle» sui progetti di bilancio di tutti i Paesi membri dell’Unione
di Renzo Piano con un secco «intollerabile».
Sulla rottura con l’organizzazione di Susanna Camusso il ministro dell’Economia spende qualche parola con i collaboratori che lo accompagnano in sala, dicendosi amareggiato e tuttavia convinto che la posizione a salvaguardia dei conti pubblici vada mantenuta. Risorse e misure, ripete, sono quelle messe sul tavolo del negoziato: 300 milioni e il pacchetto di interventi che «tende a mitigare» l’impatto su 15 categorie dell’innalzamento dell’età.
Non sarà abbandonato certo ora quel «sentiero stretto divenuto ormai un marchio di fabbrica del Mef», ribadisce poco dopo Padoan a chi è venuto ad ascoltarlo al Festival (tutto esaurito nonostante l’incombere del derby).
Anzi, il ministro rimette in fila le riforme realizzate, in primis lavoro e giustizia civile, e i loro primi probabili effetti sul Pil. E lo sforzo sull’aggiustamento strutturale messo in campo con la legge di Bilancio per il 2018, che ha «risorse limitate» ma «obiettivi chiari», è «dell’ammontare condiviso con la Commissione al netto delle differenze di misurazione, quindi il governo italiano è tranquillo di essere in linea con quanto deciso».
Certo, restano le differenze sulle stime, frutto del metodo di calcolo della crescita potenziale — l’output gap — che, per Roma, così com’è penalizza Paesi come l’Italia. Ma si tratta appunto di divergenze tecniche sulle quali si cercherà «di trovare una condivisione» quando arriverà la nuova lettera con gli appunti di Bruxelles.
Per il resto «il governo italiano dice le cose come stanno, possono essere gradevoli o sgradevoli», taglia corto un Padoan contrariato. Che precisa: «Non mi è piaciuta l’esortazione al governo italiano a non mentire, questo è intollerabile».
Le «pagelle» sui progetti di bilancio di tutti i Paesi saranno diffuse mercoledì prossimo, 22 novembre, e per l’Italia si dovrebbe trattare di un giudizio «sospeso» fino alla prossima primavera.
Oggetto del contendere, a oggi, è la differenza della riduzione del saldo strutturale, che per l’Italia è dello 0,3% mentre secondo i calcoli della commissione è dello 0,2%. Inoltre, le previsioni economiche hanno certificato che nel 2018 il saldo strutturale migliorerà soltanto dello 0,1%. Per arrivare allo 0,3% indicato dal governo manca quindi uno 0,2%, poco meno di tre miliardi e mezzo.
Ma il carteggio con la Commissione europea, conclude Pier Carlo Padoan, «è sempre molto ricco» e permetterà anche questa volta di arrivare a una soluzione. Il governo intende lasciare alla prossima legislatura un quadro «macro» migliore. E un debito che nei prossimi anni andrà «sotto il 130% del Pil» e farà registrare «una forte discesa, se l’inflazione non farà scherzi», fino a muoversi poi «rapidamente sotto il 120%».