Sulle orme di Bolle
Jacopo Tissi promosso «primo solista» del Bolshoi Una generazione di ventenni italiani nella danza
Solo tre anni fa li chiamavamo i «piccoli Bolle». Freschi di diploma, su di loro erano riposte le speranze del futuro del balletto maschile italiano. Oggi, invece, impongono i propri nomi svettando ai vertici delle maggiori compagnie del mondo: Jacopo Tissi (al Bolshoi di Mosca), Angelo Greco e Carlo Di Lanno (al San Francisco Ballet), Davide Dato (al Balletto dell’Opera di Vienna), Valentino Zucchetti (al Royal Ballet di Londra). E già spuntano, a New York, i giovanissimi Luigi Crispino, 20 anni, in forze nel corpo di ballo dell’American Ballet Theatre e il diciassettenne Davide Riccardo, borsa di studio alla prestigiosa School of American Ballet (l’accademia del New York City Ballet fondata da Balanchine).
Clamoroso il caso di Jacopo Tissi, primo italiano della storia assunto (nel settembre 2016) dalla più potente compagnia russa: il Balletto del Bolshoi. In un anno e due mesi, la carriera di questo bellissimo 22enne, originario di Landriano, in provincia di Pavia, ha fatto un balzo. «Sono stato promosso, mercoledì 15, “primo solista” — annuncia Tissi da Mosca —. Il direttore Makhar Vaziev me l’aveva anticipato, ma la nomina è stata ufficializzata ora. Sono entusiasta, ho già firmato il nuovo contratto. Qui c’è molto lavoro, ho tante possibilità di andare in scena e sono seguito da un maestro bravissimo, Alexander Vetrov». La promozione è un’impennata per Tissi nel rigido organigramma, scandito in cinque ranghi, che regola le carriere dei 220 ballerini del Bolshoi: entrato come corpo di ballo, ha dribblato il livello dei solisti e gli mancano due scalini per raggiungere l’olimpo delle étoile. Un risultato eccellente nell’imponente compagnia refrattaria agli stranieri. «In pochi mesi a Mosca — racconta Tissi — ho danzato al Cremlino Lo Spettro della Rosa con la Obraztsova, poi al Bolshoi Études di Lander e Diamonds di Balanchine con la Kovaleva, anche in tour al Lincoln Center di New York nel gala per i 50 anni della creazione. In settembre ho debuttato al Bolshoi come Siegfried nel Lago dei Cigni di Grigorovich. La competizione c’è, come ovunque nel nostro ambiente, ma è molto professionale, non c’è tempo per spettegolare. I russi, se ti impegni veramente, ti sostengono. E la compagnia è solidale». Difficile sapere, per Tissi, se la sua carriera resterà sempre legata al Bolshoi: «Finché sentirò quest’atmosfera a Mosca, rimarrò qui». In Italia tornerà, però, presto a ballare: il 27 e 28 gennaio è la stella scelta per il manifesto del gala Les Étoiles all’Auditorium Parco della Musica di Roma, tra una rosa di star.
Anche Roberto Bolle l’ha chiamato a esibirsi, tra i suoi Friends, nell’ultimo gala a Zagabria, in ottobre. «Sono belle opportunità da non perdere», dice Jacopo. A parte ciò, l’Italia del balletto gli appare distante: «Oggi vivo una realtà molto diversa, per le possibilità offerte al balletto che qui è sentito a livello popolare. Ho un gruppetto di fan che mi segue. Si sforzano di pronunciare il mio nome e, alcuni mi chiamano, Jassa, il diminutivo di Jacopo in russo. Ormai parlo bene la lingua, vivo in un appartamento vicino al teatro, ma è difficile abituarsi al freddo, –29° d’inverno, ci vogliono abiti termici e tute ermetiche per uscire. Ma niente colbacco, per il momento».
Dall’altra parte del globo, negli Stati Uniti, fa faville anche Angelo Greco, coetaneo di Tissi e suo ex compagno di corso alla Scuola della Scala, da febbraio nominato «principal» del San Francisco Ballet. Eleonora Abbagnato l’ha invitato a danzare al Teatro Costanzi di Roma nel Don Chisciotte di Hilaire/ Baryshnikov, dal 18 al 22 novembre in coppia con la neoétoile del Balletto dell’Opera Rebecca Bianchi.
«Che onore, incontrare il mio idolo Baryshnikov e danzare questa versione di Don Chisciotte — racconta Greco, 22 anni, nato a Nuoro — Appena arrivato a San Francisco, nell’agosto 2016, mi si è aperto un mondo. Nelle prime due settimane in organico ho danzato 14 recite. Ma era solo l’inizio. È una sfida continua: in America non è come in Italia dove, quando sei assunto, hai lo stipendio a vita. Negli States si procede con contratti annuali: finché produci al meglio delle tue possibilità, nessuno ti tocca. Ma se sgarri, ti licenziano in tronco. Mi sono innamorato della città di San Francisco e sento che il pubblico mi apprezza. In alcuni periodi provo 3-4 balletti al giorno, lavoro dal mattino alla sera. Ma è ciò che sognavo».