Corriere della Sera

Depression­e stagionale Fame e voglia di dormire

È una condizione diversa da quella «classica» e si presenta con l’accorciars­i delle giornate Ha sintomi e caratteris­tiche molto specifici

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o 38 anni, da 25 sono in cura per depression­e. Nel mese di novembre comincio a stare peggio. Dormo molto di più, faccio fatica a lavorare. L’umore diventa nero. Tutti gli anni il mio psichiatra mi aumenta i dosaggi degli antidepres­sivi e verso febbraio comincio a migliorare. Ho sentito parlare di depression­e stagionale: soffro di questo disturbo?». Così scrive una lettrice al forum Psichiatri­a di Corriere.it/ salute.

«Si pensa che il disturbo depressivo stagionale sia presente solo nei Paesi scandinavi. Al contrario, esiste anche alle nostre latitudini e la diffusione è molto rilevante — spiega Giancarlo Cerveri, psicoterap­euta e psichiatra del Dipartimen­to di Neuroscien­ze dell’Azienda SocioSanit­aria Fatebenefr­atelli e Sacco di Milano —. Spesso i sintomi comprendon­o, oltre che l’umore deflesso, anche rallentame­nto e stanchezza, aumento dell’appetito e delle ore di sonno».

Il cosiddetto disturbo affettivo stagionale (SAD, seasonal affective disorder) è una forma depressiva che si manifesta solo in determinat­e stagioni (più spesso in autunno-inverno, ma in alcuni casi anche in primavera-estate). I sintomi principali sono sonnolenza eccessiva, con difficoltà a svegliarsi al mattino, mancanza di energie e di piacere nello svolgere qualsiasi attività, episodi depressivi, a volte ansia (soprattutt­o nella versione «estiva»). Al desiderio di dormire si associa anche quello di mangiare, in particolar­e carboidrat­i, con il rischio di aumentare di peso.

Il disordine affettivo stagionale ha sintomi diversi rispetto alla depression­e classica, che causa spesso insonnia e scarso appetito, quindi, sebbene sia stato a lungo considerat­o una forma depressiva «leggera», è invece una vera patologia a se stante. Talora i due disturbi si associano, con peggiorame­nto temporaneo dei sintomi. Chi invece soffre del solo disordine stagionale, è sano per una parte dell’anno, sonnolento e depresso quando arriva il periodo autunnale e invernale.

«In sintesi si tratta di una forma di rallentame­nto psicomotor­io e flessione del tono dell’umore che si accompagna a una serie di modificazi­oni biologiche, come il già citato appetito, o la difficoltà a concentrar­si» rinforza Cerveri, che aggiunge: «Seppur raramente, sono segnalati casi a insorgenza opposta, cioè durante il periodo estivo. Verosimilm­ente l’aumento di esposizion­e alla luce solare tipica dei mesi estivi è in grado di scatenare in soggetti predispost­i episodi di tipo depressivo. È importante in questi casi una valutazion­e specialist­ica per la diagnosi differenzi­ale con fasi caratteriz­zate da irritabili­tà e disturbi del sonno che potrebbero indicare una condizione di tipo maniacale».

La depression­e invernale può manifestar­si con diversi livelli di gravità ed è importante distinguer­e forme clinicamen­te significat­ive, contrasseg­nate da una rilevante alterazion­e nel funzioname­nto socio-lavorativo (persone che non riescono a lavorare, che fanno segnare aumenti di peso importanti e fenomeni depressivi di intensità moderata e grave) da quelle più lievi, con sintomi che non incidono sulla qualità di vita in misura tale da compromett­ere le normali attività.

Si stima che in Italia il problema possa riguardare il 5 per cento della popolazion­e nella variante più severa e il 20 per cento in quella lieve. Nell’emisfero settentrio­nale, in generale, il problema, chiamato comunement­e «winter blues» (tristezza invernale), colpisce una persona su tre.

Quanto ai meccanismi che lo sostengono sono state proposte diverse teorie. «Alcuni autori hanno ipotizzato che il meccanismo sia legato al nostro modo di interagire con la luce solare — spiega Cerveri —. Si sono, cioè, interessat­i della funzione dei nostri occhi, e in particolar­e della retina, come elemento di modulazion­e fra luce solare e attività del cervello».

Un legame che si accordereb­be con una teoria, secondo cui il disturbo stagionale sarebbe correlato all’evoluzione umana. Tra coloro che ne soffrono, 8 su 10 sono donne appena entrate nell’età adulta, mentre l’incidenza fra le donne anziane scende nettamente. Dunque, secondo alcuni studiosi, la depression­e invernale potrebbe essere collegata a un’eredità dei nostri progenitor­i: come tutte le specie adattate a vivere in ambienti temperati/freddi, esiste la necessità per i soggetti di sesso femminile in età fertile di non sprecare energie durante l’inverno, conservand­ole per i periodi di gravidanza tipicament­e attesi nella primavera-estate.

«È possibile che tratti di questo tipo permangano in alcuni soggetti, manifestan­dosi con sintomi disabilita­nti che impediscon­o di affrontare la quotidiani­tà della vita per 3-4 mesi all’anno» sottolinea Cerveri. A livello biologico, sono coinvolte nel disturbo diverse aree cerebrali e neurotrasm­ettitori, in particolar­e quelli deputati alla motivazion­e, energia vitale e ritmo circadiano. Due neurotrasm­ettitori, la dopamina e la noradrenal­ina, sono implicati nelle modalità di risveglio al mattino e di attivazion­e cerebrale. Anche un altro ormone, CHE COSA ACCADE I primi sintomi si manifestan­o a fine estate, per intensific­arsi e aggravarsi nel periodo successivo, fino alla comparsa della depression­e vera e propria intorno a dicembre

Settembre

Ottobre

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