«Hanno chiesto il voto poi non sono andati Così non è possibile sconfiggere i clan»
«Hanno chiesto a gran voce di votare, ma poi alle urne non è andato quasi nessuno. Non è questo l’atteggiamento utile per sconfiggere i clan, senza partecipazione non c’è democrazia»: il prefetto Domenico Vulpiani, commissario a Ostia dopo lo scioglimento del Municipio per mafia, passa il testimone con un pizzico di amarezza, ma anche «con la consapevolezza di aver avviato il ripristino della legalità. Diciamo che siamo a un quarto del percorso, ora tocca alla politica».
La politica però è stata complice, se non responsabile, del dilagare della corruzione. Perché adesso dovrebbe essere diverso?
Domenico Vulpiani, 65 anni, prefetto, ha assunto l’incarico di commissario del X Municipio dall’agosto del 2015
«In quasi due anni e mezzo abbiamo gettato le basi per tornare alla normalità e alla legalità, ma i nuovi amministratori non devono essere lasciati soli, Roma Capitale e la Regione, nell’ambito delle proprie competenze, devono supportare il Municipio per spingere verso il cambiamento».
C’è il rischio che i clan riescano a rialzare la testa?
«Dipende da come si muoverà la politica. La popolazione di Ostia è composta in gran parte da persone oneste, ma le organizzazioni criminali, anche di tipo mafioso, controllano ancora delle zone nonostante il grande lavoro delle forze dell’ordine. Lo Stato c’è, ma non è una battaglia che si vince solo con inchieste giudiziarie e operazioni di polizia, che sono comunque importantissime. La battaglia si vince con la lotta al degrado, riqualificando le zone abbandonate, portando le istituzioni dove adesso ci sono i clan, riconquistando la fiducia dei cittadini».
Cosa è stato fatto in concreto negli ultimi due anni?
«Prima di tutto abbiamo tagliato i ponti fra i clan e il Municipio, abbiamo ruotato 400 dipendenti per rompere legami e consuetudini. E abbiamo ripristinato una regola elementare: negli uffici del Municipio entra solo chi ha titolo ● ● ● Le fiamme Nella notte tra il 16 e il 17 novembre viene bruciato il portone della sede del Pd di Ostia. Con l’ipotesi di incendio doloso, la Procura apre un’indagine per farlo e si registra. Ci hanno raccontato di personaggi che entravano, pretendevano e intimidivano. Non succede più. Siamo anche intervenuti, con gli strumenti a disposizione, togliendo le concessioni balneari illegittime».
È tornata la legalità sulle spiagge?
«Abbiamo fatto grandi passi avanti, quello è il vero potere a Ostia, abbiamo subìto più di 300 ricorsi, ma li abbiamo vinti quasi tutti. Nel frattempo abbiamo avviato importanti progetti di riqualificazione, come il complesso della ex Gil per il quale arriveranno 12 milioni per trasformare l’edificio abbandonato in una funzionale sede di uffici pubblici anche della polizia locale. Tutto ciò rappresenta solo l’inizio. Adesso tocca al nuovo governo municipale prendere in mano la situazione, resistendo al tentativo di ritorno dei clan».
I cittadini però in massa hanno disertato le urne.
«È un segnale brutto, non c’è fiducia nella politica, ma così si favoriscono i clan».
I candidati presidente si sono mossi nella direzione del ripristino della legalità?
«Non tocca a me dirlo, osservo però che la campagna elettorale è stata poco partecipata, forse i cittadini si aspettavano qualcos’altro».
Secondo lei il commissariamento andava prorogato?
«In un Paese democratico è giusto andare al voto. Forse ragionerei, in casi come Ostia, su commissari che durano meno, ma con più poteri, per essere più incisivi. Noi avremmo voluto fare di più, ma non avevamo gli strumenti».
I poteri limitati «Forse sarebbe meglio avere commissari che durano meno ma con più poteri»