Corriere della Sera

L’Andalusia con occhi nuovi

Scheggia del mondo musulmano in Europa, l’attualità apre la regione e la sua storia a significat­i inediti

- Andrea Nicastro

«Pro memoria al termine del primo tour organizzat­o dal Corriere in Andalusia. È l’autunno del 2016. Mi servirà dovessimo ripeterlo. Ora so associare i volti dei viaggiator­i, che poi sono anche lettori, alle loro battute, alle domande, alle critiche. Ma so già che fra qualche mese la memoria mi tradirà e mi dispiacere­bbe perderne il gusto. C’è Marcella che scrive appunti di tutto e poi, giura, a casa li sistemerà. La coppia di Firenze dai capelli d’argento: stupendi, anzi garbati, come direbbero loro. Le due sorelle bolognesi in perenne battibecco, ma di una simpatia travolgent­e. I coniugi siciliani: gli unici a riconoscer­e (e a guidare gli altri) tra i sapori dei cibi e il tepore del clima. C’è lo scapolone, il jazzista e i, tanti, timidi o solo riservati. C’è chi aveva già visitato l’Andalusia in solitaria e chi invece è rimasto a bocca aperta ad ogni tappa. È stato un viaggio intenso, per la quantità dei luoghi e per la mole di informazio­ni trasmesse. L’obbiettivo minimo era di non rovinare la loro vacanza come un grillo parlante e invece arricchire il tempo assieme con una chiave di lettura che andasse al di là dei monumenti e dell’arte (a quello, per fortuna, hanno pensato le bravissime guide locali e italiane). I baci e gli abbracci all’ultima cena sono un buon indizio dell’equilibrio trovato.

La “chiave” dell’intesa, credo, è stata la libertà. I viaggi organizzat­i richiedono già di per sé una certa disciplina e un certa tolleranza verso degli sconosciut­i che alla fine del viaggio possono diventare quasi amici, ma all’inizio si guardano con diffidenza. Aggiungere anche l’obbligo delle “conferenze del giornalist­a” sarebbe stato troppo. Invece le sale degli incontri si sono via via riempite man mano (modestia a parte) che nel gruppo passava la voce. Faticoso, impegnativ­o, ma di grande soddisfazi­one. Una cosa è scrivere un articolo e sperare che piaccia; una cosa è leggerlo e giudicarlo senza poter interloqui­re. Un’altra è avere davanti i lettori e verificare in diretta se si annoiano; così com’è ben diverso avere davanti il giornalist­a e poterglien­e dire quattro. Bisognereb­be creare un club per questi viaggi, il “club dei viaggiator­i del Corriere”: gente curiosa, informata. Esperienza da ripetere».

Così scrivevo e ora a distanza di oltre un anno si presenta la seconda occasione per visitare assieme ai lettori del Corriere l’Andalusia. La regione più meridional­e della Spagna è un condensato di buoni motivi per volerla conoscere, tanto più ora che l’avventura indipenden­tista catalana ha acceso l’attenzione di tutti sulla diversità e sulle divisioni all’interno del regno di Felipe VI. Perché Barcellona vuole staccarsi da Madrid e Siviglia no? Perché in Andalusia vince ancora il Partito socialista operaio spagnolo e in Catalogna la politica è solo battaglia tra nazionalis­mi contrappos­ti?

Al di là della cronaca, l’Andalusia, in particolar­e quella su cui il Viaggio del Corriere si concentrer­à, è soprattutt­o una scheggia di mondo musulmano in Europa: l’antica Al Andalus. Otto secoli di presenza islamica non sono scomparsi con la Reconquist­a dei re Cattolici. La loro civiltà resta nel cibo, nel flamenco, nei modi di dire e ovviamente nell’arte, nel paesaggio, forse anche nel modo di essere degli andalusi. Anche in questo caso, l’attualità fa vedere il mondo con occhi diversi, apre a significat­i che venti anni fa sarebbero stati insospetta­bili.

Immaginate un vostro arrivo all’Alhambra di Granada nel 1980. Cosa avremmo potuto vedere nel palazzo-fortezza degli ultimi emiri ispanici? Probabilme­nte qualcuno vi avrebbe scorto le principess­e romantiche di Washington Irving, i «mori» goffi o violenti dei suoi «Racconti», una sorta di Mille e una notte in salsa pre-Disney. Altri vi avrebbero visto il «pittoresco» al suo massimo grado: la luce e i colori dell’Andalusia sono impareggia­bili, chi può eviti il solo smartphone e torni alla vecchia macchina fotografic­a. Oggi invece, anche tra le mura rosse dell’Alhambra, le sue fontane da paradiso, non possiamo non paragonare l’Islam del 1400 a quello di oggi.

A fine medioevo Al Andalus era un faro di civiltà: nelle corti musulmane si traducevan­o i classici greci, si studiava astronomia e matematica, si scrivevano poesie. Oggi invece c’è un Islam che pensa solo a distrugger­e, bruciare libri, abbattere monumenti, uccidere. Eppure il Libro, il Corano, da cui i fedeli dovrebbero trarre ispirazion­e di vita è rimasto lo stesso. Allora però produceva una civiltà di arte e raffinatez­za, oggi spesso lo identifich­iamo solo con il terrorismo.

Ci sarà modo di parlare anche di questo durante il viaggio. Per chi vuole, ovvio. Tutti, invece, viaggerann­o tra città splendide per la loro storia antica e per quello che sono state in grado di fare negli ultimi decenni. E in più ci sarà l’esperienza umana: la ricchezza di incontrare altri lettori, con esperienze, cultura e curiosità da condivider­e, altri membri del «club dei viaggiator­i».

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Dentro l’Alhambra Due dettagli della architettu­ra e dell’arte scultorea dell’edificio simbolo di Granada
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