La guerra del trasporto privato e la mossa della lobby che fa pressione sui politici
Tassisti contro noleggiatori (Ncc). Auto bianche contro auto nere. La guerra tra chi tutti i giorni dovrebbe assicurarci il trasporto privato nelle città è più che mai in corso e minaccia di investire in pieno la campagna elettorale già in corso. Lobby contro lobby, i contendenti fanno leva sul fascino esercitato sui partiti dai pacchetti di voti che, nel corso del tempo, hanno dimostrato di poter spostare. Solo per fare due esempi, fu Gianni Alemanno (An) nel 2006 a tentare una mediazione con i tassisti sulle liberalizzazioni di Bersani. Due anni dopo diventerà sindaco di Roma. E poi toccherà a Grillo nel 2012 scagliarsi contro i provvedimenti del governo Monti. Corsi e ricorsi.
Le segnalazioni
Sarà per questo che a nulla sono servite finora le segnalazioni fatte dalle Autorità a Parlamento e Governo per sbloccare questo mercato: prima quella dell’Autorità dei Trasporti nel 2015 e poi quella dell’Antitrust che, nel marzo scorso, ha chiesto una riforma complessiva della legge-quadro che risale a 25 anni fa. Con due suggerimenti: norme più flessibili per i tassisti e eliminazione dei limiti su base territoriale all’attività degli operatori Ncc. E poi un minimo di regolamentazione per i nuovi operatori digitali, come Uber.
Ma i tassisti non vogliono la liberalizzazione del settore. Al contrario, nel febbraio scorso, a seguito del loro ennesimo sciopero, hanno strappato al governo la promessa di produrre, entro 30 giorni, un regolamento sugli Ncc che ne contingentasse l’ambito operativo. Regolamento che non ha ancora visto la luce. Di qui le proteste. Ma cosa lamentano i tassisti?
I costi professionali
Prima di tutto i costi della professione superiori agli Ncc. Per fare il tassista serve una patente B o superiore, un certificato professionale ottenibile dalla Motorizzazione Civile, al termine di un corso presso una scuola guida, di solito di due mesi, con esame finale. Costo: intorno ai 400 euro. L’iscrizione al ruolo di conducente pubblico, previo superamento di un esame scritto e orale di competenza della Camera di commercio. Fin qui valgono gli stessi obblighi anche per il Ncc. Poi il tassista deve acquisire una licenza che il Comune rilascia gratuitamente tramite concorsi che si svolgono molto di rado. Perciò la licenza viene reperita sul mercato a un costo di circa 180-200 mila euro, importi che variano da città a città, ammortizzabile in circa 15 anni. Al Ncc tocca acquisire a propria volta un’autorizzazione rilasciata dal Comune di competenza che si può ottenere iscrivendosi al ruolo presso la Camera di Commercio, previo superamento di un esame. Anche qui serve una licenza di un Comune. In assenza di bandi, vige il mercato tra privati: il costo a Roma può aggirarsi intorno agli 80-85 mila euro. In altre province il costo può scendere fino a 10-15 mila euro. I taxi contestano che spesso con le licenze pagate poco gli Ncc lavorano anche nella Capitale.
Le licenze
L’ultimo rilevamento sul numero di licenze di taxi e Ncc, fatto dall’Autorità dei Trasporti, è del 2016 e riguarda i 14 principali Comuni italiani: le licenze dei taxi ammontano a 19.644, quelle del Ncc a 2.514. Numeri ormai stabilizzatisi negli ultimi anni. È chiaro che il numero di licenze attive non corrisponde a quello in servizio in un dato momento del giorno, tenuto conto dei vari turni. Ad esempio, per Roma, a fronte di 7.703 licenze, sono in circolazione in un giorno feriale, secondo l’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale, da un minimo di 385 vetture (nelle ore notturne) a un massimo di 3.853 vetture (dalle 8 alle 14.30). L’interesse dei tassisti è mantenere il valore delle licenze, per questo temono che ne vengano concesse di nuove. Quanto ai loro guadagni, a Roma la media dichiarata, secondo gli studi di settore, è 1.150 euro, a Milano 1.200. Il Ncc paga le tasse sul fatturato. Entrambe le categorie hanno costi di gestione intorno ai 2 mila euro mensili.
Lo spauracchio di Uber
Ma il maggiore motivo del contendere tra tassisti e Ncc sta nelle modalità del trasporto. I taxi hanno un ambito urbano entro cui muoversi, dettato dalla licenza. Nel 2009 una legge ha limitato il servizio degli Ncc stabilendo che debbano stazionare all’interno delle rimesse situate nel Comune che ha rilasciato l’autorizzazione. Da lì dovrebbero partire per prelevare il cliente e lì dovrebbero tornare a corsa finita. Ma l’entrata in vigore della norma è stata prorogata di anno in anno, in attesa di una riforma. I tassisti oggi ne reclamano l’attuazione. A pressarli ci sono le innovazioni tecnologiche che oggi consentono a taxi e Ncc di lavorare in rete, come ha fatto Uber. La cui attività in Italia è inibita dalla sentenza del 2015 del Tribunale di Milano che per primo bloccò il servizio «pop», cioè quello equivalente ai taxi.
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