Corriere della Sera

ULTIMI APPELLI MA LA GUERRA A SINISTRA È GIÀ PARTITA

- di Massimo Franco

Ameno di sorprese, l’epilogo delle trattative a sinistra sembra segnato. Ci sarà un’area egemonizza­ta dal Pd di Matteo Renzi; e un «cartello» alternativ­o col presidente del Senato, Piero Grasso, nel ruolo di guida. Soprattutt­o, l’impression­e è che si assisterà a uno scontro per conquistar­e ogni singolo voto nello stesso serbatoio elettorale. I tentativi di mediazione sono arrivati fuori tempo massimo. E la riproposiz­ione dell’unità in versione Ulivo è stata disdegnata troppo a lungo per farla apparire credibile. La richiesta a Romano Prodi di interceder­e è avvenuta dopo avere frustrato i suoi tentativi a giugno.

E la sfilata di padri più o meno nobili chiamati a compiere appelli unitari ha finito più per sottolinea­re la nemesi dei cosiddetti «rottamati» che per inaugurare una nuova fase. D’altronde, il sistema elettorale approvato sa più di proporzion­ale che di maggiorita­rio. Favorisce le coalizioni, ma anche le ambizioni di ogni partito. E un Pd convinto fino a qualche settimana fa di piegare le forze minori, ora è costretto a inseguire Giuliano Pisapia, Emma Bonino, Angelino Alfano; a offrire garanzie per rompere l’isolamento e ridimensio­nare il possibile impatto dell’«altra sinistra»: tutto nell’indifferen­za dell’opinione pubblica.

Viene il sospetto che il Pd non avesse preso in consideraz­ione la possibilit­à di un accordo nell’area della sinistra antirenzia­na. E quando si è accorto che prendeva corpo, ha giocato tutte le sue carte per bloccarlo. Sarà interessan­te osservare chi, alla fine, aderirà all’operazione che ha Grasso come leader. In particolar­e, se Mdp e Si riuscirann­o a strapparsi di dosso l’etichetta di reduci della vecchia sinistra. Sotto questo aspetto, la figura del presidente del Senato diventa essenziale.

Quanto al versante dem, bisognerà capire chi pagherà il conto degli errori di questi mesi; e vedere le implicazio­ni di una riforma elettorale che promette di falcidiare gli attuali gruppi parlamenta­ri del Pd e creerà tensioni nella formazione delle liste elettorali. Il segretario, Matteo Renzi, ammette che «pur lasciando la porta aperta, non vedo segnali incoraggia­nti per rimettere insieme il centrosini­stra». Eppure insiste che «il Pd sarà il baricentro della prossima legislatur­a. La sommatoria tra i collegi e i listini» sarà fondamenta­le. E vuole sperare in un miracolo, di qui al 3 dicembre.

È la data della fondazione di una nuova formazione a sinistra: solo una decina di giorni, che il vertice del Pd ritiene sufficient­i per convincere Mdp a ripensarci. Si tratta di un’ipotesi, a oggi, improbabil­e. Si sono accumulati troppi rancori personali, prima che politici, per pensare di scioglierl­i . La prospettiv­a più verosimile è di assistere nelle prossime settimane a una dura recriminaz­ione reciproca; e a polemiche destinate a investire anche i vertici delle istituzion­i parlamenta­ri: di sicuro, la presidenza del Senato.

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