Berlusconi: «Io sarò comunque in campo»
Oggi il dibattimento sull’incandidabilità. L’ex premier (tornato a Merano): spero decidano al più presto
Si aspetta che «dopo 5 anni di attesa, in tempi il più possibile brevi» la Corte di Strasburgo che si riunirà oggi accolga il suo ricorso contro la legge Severino. Ma Silvio Berlusconi non vuole che il suo ruolo e la sua centralità in campagna elettorale vengano limitati da un verdetto che potrebbe non arrivare affatto in tempi utili per il voto. Per questo conferma — intervistato da Nicola Porro a Matrix su Radio 105 mentre si trova a Merano per qualche giorno di remise en forme — che «indipendentemente dalla candidabilità, sarò in campo per portare il centrodestra al governo del Paese».
D’altronde i toni, la frequenza delle apparizioni (domenica sarà da Fabio Fazio a Che Tempo che fa), gli appelli contro il nemico da fermare come dovere morale riecheggiano quelli del ’94, molte discese in campo fa. E se allora il pericolo erano «i comunisti», ora ce n’è un altro che solo lui — dice — può fermare, convincendo anche i tanti indecisi: il Movimento 5 Stelle.
Gli chiedono se non è più Renzi l’avversario da battere, e lui è secco: «Sicuramente no, il Pd di Renzi ha fallito. Oggi il pericolo grave sono i grillini». Non gli elettori, che sono solo cittadini «arrabbiati per questa politica, e lo capisco, anche io non voglio più professionisti della politica e candiderò tanti professionisti veri e di successo», ma i dirigenti: «L’87% dei parlamentari di Grillo non aveva mai fatto prima una dichiarazione dei redditi? Non hanno mai lavorato, sono pronti a tutto pur di rimanere lì a prendere uno stipendio, anche a votare un programma che vuole massacrare il ceto medio, con patrimoniali su tutto, un mare di tasse sulla successione, sulla casa, come hanno fatto in Francia da dove tante famiglie benestanti sono scappate».
E dunque, per fermare questi «pauperisti che odiano il benessere» bisogna affidarsi a chi «ha raggiunto traguardi, ha competenza, autorevolezza» ed è in grado di «garantire, lo faccio personalmente», che il suo governo non avrà derive populiste ma sarà ispirato alla «concretezza, al pragmatismo» anche in alleanza con Lega e FdI perché «il centrodestra avrà una chiara connotazione liberale e cristiana, visto che ci richiamiamo alla grande famiglia del Ppe».
Ancora si è in alto mare, ma Berlusconi assicura che non ci saranno problemi nello scegliere candidati comuni con gli alleati. Però certo, le differenze restano: Lega e FdI non sono «populisti», ma una stoccatina Berlusconi a Salvini indirettamente sembra darla quando, parlando del flop della Nazionale, dice che è «sbagliato prendersela con gli stranieri», che nel suo Milan aiutarono anche a «far crescere gli italiani». Bei tempi, non come ora, con l’eliminazione dai Mondiali che «costerà tantissimo per l’immagine e il made in Italy», tanto più in terra di Russia dove «c’è grande simpatia per noi», come dimostra l’amicizia con «il leader più grande del mondo», Putin.