Le dimissioni «forzate» di Mugabe Per lo Zimbabwe una vera svolta?
Niente video-esecuzione. Per mandare in delirio la folla nelle strade di Harare basta (finalmente) una lettera di dimissioni: Robert Mugabe e sua moglie Grace non finiranno come i coniugi Ceausescu. E neppure come i Clinton: mentre il Parlamento iniziava una frettolosa procedura di impeachment, il breve addio del Vecchio Elefante (dopo 37 anni) è stato letto nell’aula dei suoi fedelissimi, diventati nel giro di una settimana accusatori. Il presidente-padrone scrive che lascia «di sua spontanea volontà», per permettere una «tranquilla transizione al vertice». In base all’accordo raggiunto con l’esercito, che aveva assunto il controllo del Paese mercoledì scorso, il leader più anziano della Terra (93 anni) otterrebbe l’immunità per sé e per «Gucci Grace» che pensava di sostituire il marito. È lei la grande sconfitta di questa singolare e incruenta «rivoluzione» (o congiura) africana. Lei e i politici della «Generazione Quaranta» che facevano da paravento alle sue ambizioni. L’ex dattilografa si rifarà con tanta shopping therapy in esilio. La gioia delle migliaia di persone che hanno ballato per tutta la notte è autentica e giustificata. Mugabe e la sua cricca hanno devastato un Paese di 16 milioni di abitanti, oggi più poveri (del 15%) rispetto al 1980, anno dell’indipendenza. Ma la cricca (del partito Zanu-PF) resta al potere: entro stasera, dice il presidente del Parlamento, lo Zimbabwe avrà una nuova guida (in attesa di nuove elezioni). Avrà la faccia fredda di Emmerson Mnangagwa, 75 anni, detto il Coccodrillo, l’ex braccio destro cacciato da Mugabe 15 giorni fa perché faceva ombra alle mire di Grace. L’opposizione (divisa) spera in un nuovo inizio trasparente e democratico. Auguri. Lo Zimbabwe pensiona re Mugabe, non il suo sistema avvelenato.