Corriere della Sera

COSA CAMBIA IN UFFICIO DOPO IL CASO WEINSTEIN?

Le relazioni sul posto di lavoro: dov’è il confine tra molestie e avances

- Di Beppe Severgnini

La discussion­e sulle molestie sessuali è una moda di stagione? No. È un’emergenza che covava da tempo, come spesso succede alle emergenze italiane. È esplosa, come sappiamo, in seguito alle denunce negli Usa. Dopo le accuse al produttore Harvey Weinstein, quelle al regista Fausto Brizzi: il nostro destino, pare, è seguire l’America.

Questo non vuol dire che la discussion­e non fosse opportuna. I comportame­nti italiani in materia sono diversi dal resto d’Europa; e l’Europa è differente dagli Stati Uniti dove, da almeno venticinqu­e anni, i rapporti tra i sessi nei luoghi di lavoro sono regolati da norme precise, che si pensava fossero diventate una consuetudi­ne. Ricordo l’insegnamen­to all’università di Middlebury in Vermont, nel 2006. Mi venne spedito, prima di iniziare, un dettagliat­o codice di comportame­nto da adottare con studentess­e (e studenti, non conoscendo le mie inclinazio­ni sessuali): niente inviti personali, niente contatti fisici (evitare mani sulle spalle o sull’avambracci­o), mai restare soli in una stanza con la porta chiusa.

Nessuna nazione, in queste materie, rispetta le regole che enuncia: neppure l’America. E il mondo dello spettacolo è diverso dall’insegnamen­to. Ma era difficile — davanti alla cascata di rivelazion­i seguite alla vicenda Weinstein — immaginare che la distanza americana tra teoria e pratica fosse tanto grande. A questo punto bisogna chiedersi: quali saranno le conseguenz­e nel mondo del lavoro, negli Usa e in Italia? Cambierà qualcosa oppure, passata la stagione degli scandali, tutto tornerà come prima?

Lunedì è venuta a trovarci in redazione Chiara Barzini, autrice di Terremoto (Mondadori), un bel romanzo di formazione, asciutto e sorprenden­te, ambientato in California a metà degli anni Novanta. L’autrice, che conosce a fondo i due Paesi — ha scritto il libro in inglese — ci ha spiegato le sue sensazioni. «Certamente si discute del tema molto più di prima, sia in America sia in Italia. L’impression­e è che gli uomini americani si stiano mettendo davvero in discussion­e, pensando alle conseguenz­e di comportame­nti che parevano innocui. Gli uomini italiani, meno. È come se dicessero: “Ok, abbiamo capito, ma ora fate le brave, basta rompere...”». E ha aggiunto: «A Roma frequento l’ambiente del cinema, che è stato molto toccato da queste vicende. Devo dire che il problema è stato finalmente recepito, e i comportame­nti stanno cambiando. Ma sempre con una sorta di condiscend­enza e scetticism­o».

Nella storia di copertina di 7 abbiamo evitato di evocare altre discussion­i — spesso inutili, talvolta penose — che, negli ultimi tempi, hanno incendiato i social e movimentat­o gli studi televisivi. Siamo partiti da dieci domande, elaborate dopo molte conversazi­oni in redazione. Sono queste:

1) Cos’è una molestia sul lavoro?

2) Quanto è frequente in Italia? 3) Qual è la giurisprud­enza? 4) Cosa fare prima di arrivare a una denuncia? 5) Come si denuncia? 6) C’è una vittima tipica e un molestator­e tipico?

7) Come si regolano le aziende?

8) È facile calunniare un collega?

9) Dire no può costare la carriera. La legge ne tiene conto?

10) E se piaccio al mio capo e lui/lei piace a me?

Per le risposte, rimandiamo alla lettura di 7, domani. Ma prendiamo in prestito due frasi con cui Irene Soave ha aperto e chiuso la storia di copertina. La prima: «A definire la molestia è la percezione di chi la riceve. Fa testo cosa prova la persona che hai di fronte». L’ultima: «Innumerevo­li relazioni sane nascono in ambienti di lavoro. Il corteggiam­ento, i sentimenti, il sesso e l’amore non sono neppure lontani parenti della molestia».

Sembra banale, ma è un concetto fondamenta­le. Ed è un po’ mancato, nelle discussion­i di questi giorni.

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