NON PIANGIAMO SULL’EMA E RIMETTIAMOCI AL LAVORO
Sarà stata malasorte la mancata aggiudicazione della sede Ema, ma la nostra candidatura doveva vincere con grande stacco sulle altre e non trovarsi a giocarsela allo spareggio. Né Amsterdam, né le altre pretendenti in lizza vantavano investimenti pubblici come Milano.
Marco Lombardi
L’assegnazione di una istituzione così importante come l’Agenzia del farmaco non poteva essere oggetto di un sorteggio, così come non poteva essere il prodotto di alleanze politiche fra questo e quel Paese. Occorreva individuare dei parametri ausiliari che avrebbero dovuto rendere la scelta la più oggettiva possibile.
Delio Lomaglio
A me sembra chiaro il motivo per cui Milano non ha potuto evitare il sorteggio. Quale istituzione internazionale — che ha bisogno di affidabilità e servizi rapidi — sceglierebbe una città soggetta a scioperi, lentezze burocratiche e continue polemiche?
Domenico Agostini
Anche in un europeista convinto come me, inizia a farsi strada l’idea dell’Italexit: la natura profonda e storica dell’Italia è mediterranea, la logica prevalente nella Ue è continentale e germanocentrica. E lo sarà sempre di più. Filippo Salvatore
Se il governo fosse stato più duro, intransigente e coraggioso, Milano avrebbe avuto ciò che meritava. È così difficile capire che i Paesi Ue non vogliono dare né potere né soldi a Milano e, quindi, all’Italia? Umberto Bartolini
Se l’Italia non ha avuto l’Ema, non parlerei di complotto: parlerei, invece, della immagine generale del nostro Paese! Marcello Sassoli
Nessuno osi tessere le lodi dell’Olanda che ha gestito in maniera alquanto «allegra» la vicenda delle uova al Fipronil!
Lorenzo Molisso
La sfortuna ci perseguita: non vinciamo nemmeno a testa o croce! Giulia Sorretti Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579
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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere
Caro Aldo,
l’Europa non si capisce bene cosa sia: sembra che venga applicata la regola dell’uno vale uno. Poi si creano pasticci come quello dell’Ema. E i migranti? Qui l’Italia se la deve cavare da sola o quasi. Dov’è la luce in fondo al tunnel?
Caro Piero Vittorio,
In effetti è un po’ strano che il voto della Germania, con oltre 82 milioni di abitanti, conti come quello del Liechtenstein, che ne ha meno di 38mila. Anche se Berlino può contare ormai su un anello di Paesi satelliti; non a caso la Germania voleva Amsterdam e ha avuto Amsterdam, anche se il progetto di Milano non era certo meno convincente.
La sconfitta ha suscitato moltissime reazioni tra i lettori, di cui potete leggere un piccolo saggio nel colonnino a sinistra. Tanti hanno interpretato l’assurdo esito della vicenda — un’Europa che si spacca a metà e risolve due dossier di cui si discute da mesi affidandosi al sorteggio, come da ragazzini: anche Parigi ha vinto l’Eba con questo bizzarro criterio — come la conferma che il nostro Paese attraversa un momento nero. Eravamo la terra dello stellone; pensiamo di essere diventati la patria della malasorte. Ma non è così. Il destino ce lo costruiamo con le nostre mani. Milano avrebbe meritato l’Ema perché attraversa un momento d’oro. Se uno sceicco o un oligarca vuole investire in Italia, se un fondo di investimenti sudamericano o cinese pensa di farlo, punta sul capoluogo lombardo. Non è il momento di frenare ma di rilanciare: ad esempio con un grande piano per limitare l’uso delle auto private – dai bus elettrici ai parcheggi — e ripulire l’aria della metropoli. Il punto è far arrivare investimenti anche altrove, a cominciare dal Mezzogiorno. Dalla crisi l’Italia non sta uscendo tutta intera, ma città per città, regione per regione, classe sociale per classe sociale. La forbice tra Nord e Sud, tra chi è garantito e chi no, continua ad allargarsi, e questo è un problema. Ma dare la colpa di tutto al destino cinico e baro è ridicolo; un po’ come addossare la responsabilità dei mali del Sud a Garibaldi e ai bersaglieri. Mettiamoci al lavoro fiduciosi in noi stessi e in quello che possiamo fare come italiani e nello specifico milanesi o napoletani; che è moltissimo.