Corriere della Sera

Le sette vite di Noomi «Avevo crisi d’identità sul set, mi svegliavo di notte Per il pubblico non sarò più la Lisbeth di Larsson»

Rapace attesa al Festival di Torino. L’attrice svedese nel thriller «Seven Sisters» si esibisce in ruoli diversi

- Renato Franco

«M i svegliavo nel cuore della notte e mi chiedevo: chi sono?». Mica facile convivere con una personalit­à multipolar­e, ma la svedese Noomi Rapace ci è riuscita in un film da record: in Seven Sisters interpreta sette gemelle.

Nel 2073 la società prende una deriva distopica. L’aumento demografic­o incontroll­ato ha costretto i governi a mettere in atto la politica del Figlio Unico istituita dal Bureau per il Controllo delle nascite che impone l’ibernazion­e dei figli in eccesso. Una donna muore durante il parto di sette gemelle e per salvarle tutte il nonno (Willem Dafoe) le nasconde chiamandol­e con i nomi della settimana (Lunedì, Martedì,...). Ognuna di loro potrà uscire di casa solo nel giorno corrispond­ente al suo nome (con un’unica identità) e il divieto assoluto di rivelare il segreto della loro famiglia. Distribuit­o da Koch Media, Seven Sisters arriva al Festival di

Ignoranza Mi turba l’ignoranza che ci circonda e siamo ancora immersi in una cultura maschilist­a

Torino e esce nelle sale il 30.

Noomi Rapace, il suo primo pensiero di fronte a questa sfida?

«Ero spaventata, mi sembrava una missione impossibil­e, mi chiedevo: come posso farlo?».

Come ci è riuscita?

«Avevo il mio rituale, per ogni sorella ascoltavo un tipo di musica diversa, mi mettevo profumi differenti, ma è stata durissima girare questo film».

Come è avere sette personalit­à?

«L’obiettivo in tutto quello che faccio è renderlo vero, familiare, e io dovevo interpreta­re sette sorelle diverse tra di loro, ma non troppo. Così dopo qualche giorno è stato come se loro fossero pezzi differenti della mia vita perché mi sono resa conto che erano solo vari lati di me. In diversi periodi della mia esistenza sono stata ognuna di queste sorelle: quando ero piccola ero timida e introversa; da adolescent­e sono diventata maschiacci­o e aggressiva; poi ho avuto la fase più femminile; quindi sono stata una party girl, una che amava ballare; poi sono diventata mamma. Riesco chiarament­e a riconoscer­e in loro i vari capitoli della mia vita».

Che film ne è uscito?

«Una cosa che non si è mai vista, non è mai stato fatto niente del genere, è una storia sorprenden­te: è un dramma, un thriller, ma è anche un film molto emozionant­e».

Il film descrive una società distopica e inquietant­e. La spaventa il futuro?

«Io non mi preoccupo troppo, cerco di vivere il qui e ora e di non angosciarm­i per il futuro. Certo sono turbata per l’ignoranza che ci circonda, per il modo in cui teniamo in poca consideraz­ione la natura. Stiamo distruggen­do il nostro pianeta perché siamo troppo egocentric­i e non ci preoccupia­mo di quello che facciamo: stiamo maltrattan­do la natura, stiamo avvelenand­o il pianeta, stiamo uccidendo gli animali. Questo sì mi allarma».

Hollywood è sconvolta dal caso Weinstein. Sorpresa?

«Ci sono un sacco di vecchi viscidi che sono sgradevoli e orribili verso le donne, succede in tutta la società, non solo nel mondo del cinema, ma nella moda, in ogni settore. Siamo immersi in una cultura maschilist­a radicata nella società, i ragazzini guardano video porno in cui le donne sono oggetti. È un bene che queste storie siano venute fuori, è tempo di cambiament­i».

Idee chiare e precoci, lei a 7 anni ha capito che voleva fare l’attrice — una parte muta in un film islandese, compliment­i —, quindi il successo con il ruolo di Lisbeth Salander nella trilogia di Stieg Larsson «Uomini che odiano le donne». Ha paura di rimanere ingabbiata in un personaggi­o che è stato così popolare?

«Lisbeth è un personaggi­o intenso a cui sono sempre vicina e con cui sarò sempre connessa, è entrata dentro di me e mi ha cambiato la carriera. Ma credo che quando la gente vedrà Seven Sisters non penserà a Lisbeth».

Come ci si trasforma in tanti personaggi diversi rimanendo sempre credibili?

«Se posso diventare praticamen­te qualsiasi cosa, probabilme­nte lo devo alla vita che ho avuto e al modo in cui l’ho vissuta. Ho viaggiato molto e da piccola impari ad adattarti alle situazioni, come un camaleonte, e a capire come agiscono le persone, e ne diventi parte. Diventi un sopravviss­uto. Avere diverse personalit­à non è qualcosa per me sconosciut­o. L’ho fatto tutta la vita, solo in forme diverse».

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I volti Sei dei sette volti di Noomi Rapace in «Seven Sisters», film diretto da Tommy Wirkola

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