LINCOLN ALLA VERDI
In una stagione di grandi ritorni e prime assolute, il cartellone del teatro si inaugura sotto la bacchetta di Chung con un titolo tormentato dalla censura. Gianmaria Aliverta, giovane regista outsider, qui rievoca la lotta alla schiavitù NEL «BALLO» CHE
Si comincia con un Ballo. In maschera s’intende, come si confà a una città come Venezia, da sempre ritrovo prediletto di «bautte», «domini» e «morettine». Travestimenti giocosi sotto cui si celano amanti e traditori, ventagli maliziosi e pugnali sanguinari, odi furibondi e furibondi amori. Così accadrà nel «Ballo in maschera» che venerdì aprirà la stagione della Fenice, dove l’opera di Giuseppe Verdi mancava dal 1974, direttore Nino Sonzogno, Luciano Pavarotti e Carlo Bergonzi nei panni degli amicinemici Riccardo e Renato. Ruoli ora interpretati dal tenore Francesco Meli e dal baritono Vladimir Stoyanov, impegnati a contendersi la bella Amelia, la soprano Kristin Lewis.
E se la regia è affidata a Gianmaria Aliverta, 33 anni, con un pedigree fuori dagli schemi, sul podio troviamo il più verdiano e qui più amato dei direttori, Myung-Whun Chung. Insomma una nuova edizione molto attesa, che segna la transizione dalla Sovrintendenza di Cristiano Chiarot a quella di Fortunato Ortombina con un titolo bellissimo e contrastato. Bersaglio di censure, visto che la storia originaria attingeva dalla realtà, l’assassinio di Gustavo III di Svezia, pugnalato nel 1792 dai suoi cortigiani durante un ballo mascherato. Delitto quanto mai sconveniente per le monarchie europee. La polizia borbonica, in vista del debutto a Napoli si accanì sul libretto di Antonio Somma, pretendendo di far retrocedere l’azione nel Medioevo e far sparire ogni traccia di corona.
Verdi, che non era d’accordo, ritirò la sua opera da Napoli e la propose a Roma. Dove però non la passò liscia lo stesso. Declassato da re a duca e da duca a conte, Gustavo fu ribattezzato Riccardo, governatore di Boston nel XVII secolo. Ma nonostante tutti quei traslochi la prima del 17 febbraio 1859 fu un trionfo. Scandito da applausi e grida di «Viva Verdi», acronimo di Vittorio Emanuele re d’Italia, presagio di un’unità alle porte. «Grande sostenitore di Cavour tanto da farsi convincere a candidarsi deputato, Verdi gli rende omaggio nel Ballo tratteggiandone la figura di uomo giusto e illuminato in quella di Riccardo, conte come Cavour, governatore di un mondo nuovo», spiega Aliverta che così ha deciso di spostare la storia nell’epoca in cui Verdi la compose.
«Un’America di metà Ottocento dove Lincoln sta per emanare quel 13° emendamento che abolisce la schiavitù. Ma il razzismo continua. Nel “Ballo” si parla dell’”immondo sangue dei negri”. Frase raccapricciante, Verdi e Somma l’hanno voluta così provocatoriamente, per mo- strare odiosi pregiudizi ancora vivi. L’odio che scatena la furia dei congiurati è il razzismo. Renato è di origine creola e così lo è Amelia. Riccardo si innamora di una mulatta (e la soprano Lewis ha davvero la pelle scura). Lo faranno fuori come Lincoln, come Kennedy».
Trasporre le opere in tempi diversi da quelli del libretto è una costante di Aliverta. Nella sua «Bohème» gli artisti di Puccini sono studenti dell’Erasmus, il «Barbiere di Siviglia» è un cinese, come tanti nelle nostre città. «I giovani non vanno all’opera perché la considerano troppo lontana. Io me ne sono innamorato perché mio padre l’ascoltava, ho cominciato come cantante, mi alzavo alle 4 di mattina per scaricare merci a un supermercato e alle 8 prendevo il treno per andare al Conservatorio di Bergamo. Poi, visto che nessuno mi dava retta, ho deciso di fare da me: ho fondato l’associazione Voce all’Opera, ho messo insieme talenti sconosciuti... A chi arriva non chiedo dove ha studiato ma cosa sa fare. Se lo fa bene va in scena».
Naturalmente solo con rimborso spese, da volontari della lirica. «I miei spettacoli sono low cost, budget massimo 2.000 euro, messi insieme con le mance del mio secondo lavoro, cameriere in una pizzeria di Stresa». Si può fare teatro con così poco? «Si può. Per i costumi si va ai mercatini, le scene si costruiscono da sé. E per farsi conoscere ci sono i flash mob. Chi ti siede accanto in metrò di colpo attacca un’aria lirica... Se vuoi ascoltare il resto, vai a teatro». Creatività e passione, la formula paga. Da Cenerentolo della lirica Aliverta oggi apre il Ballo alla Fenice. «Qualche brivido ce l’ho. Non faccio più il cameriere ma in tasca tengo sempre il biglietto della pizzeria di Stresa. Non si sa mai...».
Per la lirica mi alzavo alle 4 del mattino: scaricavo merci al «super» e poi andavo alle otto in Conservatorio