«Popolarità o proposte rare ma con un’identità veneziana»
I progetti di Ortombina, nuovo sovrintendente
Igrandi classici proposti nei periodi di maggior affluenza turistica e dieci novità, tra cui alcuni titoli rari o dimenticati come le «Metamorfosi» di Pasquale di Spontini in prima esecuzione moderna e «L’Orlando furioso» di Vivaldi; ma per Fortunato Ortombina, nuovo sovrintendente della Fenice dopo esserne stato per dieci anni direttore artistico, la sfida maggiore è il titolo inaugurale, «Un ballo in maschera» di Verdi: «Negli anni 90 era stato allestito al PalaFenice, ma nel nostro teatro mancava da più di quaranta e s’inserisce in un percorso verdiano che credo possa definire in modo profondo l’identità della Fenice».
Un viaggio il cui timoniere ideale dovrebbe essere Myung-Whun Chung: «Ci siamo conosciuti quando lavoravo alla Scala, due mesi dopo essere arrivato a Venezia l’avevo già chiamato; abbiamo un progetto verdiano anche per la prossima stagione e in questa il maestro dirigerà anche “Bohème”; non è questione del titolo da dargli, se direttore principale, musicale, ospite o che, ma di un legame e di un lavoro da sviluppare per alzare ulteriormente la qualità artistica del teatro». Chung dirigerà anche due appuntamenti del cartellone sinfonico aventi come fil rouge una quasi integrale schubertiana (manca solo la Quinta): la Quinta di Mahler e il concerto di Capodanno. «Un evento sempre più conosciuto e appetito, per soddisfare le crescenti richieste abbiamo dovuto prevedere cinque repliche». Per attirare sempre più pubblico c’è l’ormai immancabile «Traviata» con la regia di Carsen (più di 30 repliche), le 25 volte del «Barbiere di Siviglia» e le 13 di «Madama Butterfly». «Nei titoli di repertorio ci sono anche “Norma”, “L’elisir d’amore” e “Il Signor Bruschino”. Nei periodi di massima affluenza turistica come a Carnevale e agosto il sipario si alza ogni giorno e su titoli diversi, ma non si pensi ai turisti che girano per San Marco in infradito e vogliono farsi anche un giretto in un bellissimo teatro, magari famoso per l’incendio: qui vengono i melomani di tutta Europa, gli abbonati della Scala come del Covent Garden di Londra, sia per assistere a opere che non possono vedere altrove, sia per tornare ad applaudire i grandi classici qui proposti in allestimenti particolari; l’arte è approfondimento. Come si può leggere la Divina commedia cento volte lungo settant’anni di vita, così anche l’opera ha i suoi classici che non si finisce mai di scoprire e che proprio per questo si ha sempre voglia di vedere. E sono in crescita anche gli spettatori veneziani e in generale veneti».
Per Ortombina Venezia non è solo una città «dalla bellezza incomparabile: qui la musica si respira, da casa mia vedo la finestra della stanza in cui morì Wagner». La «venezianità» del cartellone è anche «La vedova allegra» di Lehár affidata a Damiano Michieletto, nato e cresciuto tra i canali e oggi regista tra i più originali e apprezzati della scena internazionale, oppure «Zenobia, regina de’ Palmireni» di Albinoni, che in Laguna nacque nel 1671 e vi morì ottantenne: è questo uno dei due titoli (l’altro è «Il regno della luna» di Piccinni) realizzati in collaborazione col Conservatorio Benedetto Marcello e allestiti al teatro Malibran. Oltre al Ballo inaugurale, Ortombina dà rilievo a «Richard III» di Giorgio Battistelli: «Titolo creato per Anversa e già famoso, ma sarà la prima rappresentazione italiana; oltre alle note, ci sono Shakespeare e una delle regie più impressionanti di Carsen: uno spettacolo da non perdere».
I momenti caldi «Con i picchi turistici apriamo il sipario ogni giorno. Ma non si pensi al pubblico con le infradito»