«Mafia in politica da fermare»
Il summit sulla lotta alle cosche Orlando: per essere impermeabili servono regole sui partiti e le lobby
Andrea Orlando: servono strumenti nuovi per contrastare la mafia oggi.
«Fabbricare» gli anticorpi che proteggano imprese, partiti, istituzioni dalla infezione mafiosa, a cominciare dal Nord: è la terapia della radicale operazione culturale che studieranno da oggi a Milano gli Stati generali della lotta alle mafie (domani alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella) voluti dal ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Ministro, l’immaginario comune a stento riconosce la presenza della mafia a Milano e in Lombardia, le indagini della magistratura dimostrano che il fenomeno spesso è sottovalutato.
«Lo è da tempo, il problema è che c’è stato un ritardo a riconoscerlo e questo ha aperto spazi alle mafie che dobbiamo chiudere. Credo che riconoscere che la mafia non è ormai solo nelle regioni di insediamento tradizionale, che agisce utilizzando gli strumenti finanziari, che si introduce nell’economia, nei partiti e nella società anche in realtà diverse è un utile segnale di consapevolezza. La mafia è diventata una grande multinazionale con rapporti con le criminalità di altri Paesi. Abbiamo bisogno di strumenti anche nuovi per contrastarla».
Quali?
«Gli Stati generali sono un modo importante per individuarli, a essi daremo seguito con momenti di approfondimento in tutto il Paese. È importante il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, ma altrettanto importante è l’attività di contrasto sul fronte sociale, economico, finanziario e politico. Se la mafia non avesse addentellati in questi ambiti, sarebbe criminalità comune».
Le mafie oggi si mimetizzano per non allarmare la gente, investono nelle imprese al Nord per riciclare il denaro. Come si interviene?
«Con il codice antimafia abbiamo potenziato gli strumenti di aggressione ai patrimoni illeciti che continua a essere a mio avviso il principale fronte e abbiamo introdotto il reato di auto riciclaggio che consente di intervenire anche quando l’accumulazione del capitale è molto risalente nel tempo. Però, siamo sempre nell’ambito della repressione».
E non basta?
«Quello che è emerso dalla discussione (16 tavoli di lavoro e un comitato scientifico hanno operato per più di un anno, ndr) è che va rovesciata completamente la prospettiva».
In che modo?
«Non preoccupandoci solo di come si contrasta la mafia, ma di come si costruiscono dei soggetti sociali, economici e politici, istituzionali e professionali che siano impermeabili alla mafia. Gli anticorpi non valgono solo per la mafia, ma anche per altri fenomeni come la corruzione, strumento attraverso il quale sempre di più la mafia entra nelle istituzioni. Per esempio, credo sia fondamentale una legge che regoli il funzionamento dei partiti politici e delle lobby».
Attualità politica: come giudica la decisione di Mdp di correre da solo e l’attività di mediazione di Fassino?
«Speriamo che la dannazione divisiva storica della sinistra non si riproponga ancora. Non mi pare che dobbiamo semplicemente costruire un polo dell’alternanza, siamo in un momento in cui dovremmo costruire un fronte contro una destra dalle venature fasciste».
È più un problema di spaccatura tra singoli o tra idee?
«C’è una differenza di analisi che va rispettata e su cui bisognerebbe confrontarsi. Se si ritiene che siamo di fronte a un lepenismo transitorio che poi verrà assorbito da una destra di stampo europeo, allora si può fare finta di niente. Se invece si ritiene, come io penso, che si tratti di un fenomeno che rischia di essere egemone nella destra, allora le contromisure devono essere diverse. L’idea che la partita si giochi tutta sulla primazia nel campo di centrosinistra non fa i conti con questo tema. Oggi bisogna andare oltre il centrosinistra perché c’è da costruire un fronte che abbia le caratteristiche della reazione democratica a questo fenomeno».
La sfida alle destre «Dobbiamo costruire un fronte della sinistra che si opponga all’avanzata lepenista»