Corriere della Sera

Mladic, la condanna del Boia

Ergastolo al generale Ratko Mladic, supremo comandante dei serbi in Bosnia. Fino all’ultimo ha sfidato la corte all’Aia

- Di Francesco Battistini

Centinaia di testimoni, migliaia di prove, nessun dubbio: a Srebrenica agì «consapevol­mente», a Sarajevo «ordinò di ripulire e distrugger­e la città». Il Boia dei Balcani, l'ex generale delle forze serbo-bosniache Ratko Mladic, è stato condannato in primo grado all'ergastolo dal Tribunale dell'Aia per i crimini nella ex Jugoslavia. A 74 anni, dopo venticinqu­e d'attesa, quindici di latitanza e quattro di processo, Mladic è rimasto solo con se stesso, espulso dall'umanità e dall'aula per aver urlato contro i giudici della Corte. L'ex procuratri­ce Carla Del Ponte: «Ora sia rinchiuso per sempre».

«Io mi fido solo di me stesso e del mio cavallo», diceva una vita fa, accarezzan­do la figlia Ana, in un video che si trova ancora su YouTube. Ana poi si suicidò per la vergogna, con la pistola di papà. Lui di cavalli non ne ha più. E ieri a mezzogiorn­o, espulso dall’umanità e perfino dall’aula del Tribunale internazio­nale dell’Aia che lo stava condannand­o in primo grado all’ergastolo, Ratko Mladic è rimasto solo con se stesso. A 74 anni, dopo venticinqu­e d’attesa, quindici di latitanza e quattro di processo, il Boia di Srebrenica è tornato per sempre in una cella e nella galleria dei mostri del ‘900. Colpevole del genocidio di bosniaci e croati, del bombardame­nto e del cecchinagg­io su Sarajevo, della presa in ostaggio di caschi blu. Undici imputazion­i, ma solo per non farla troppo lunga a parlare dei troppi lager, della pulizia etnica e delle devastazio­ni. Il generale serbo le ha provate tutte: a negare qualsiasi responsabi­lità, a dipingersi protettore dell’Europa dall’invasione islamica, a nasconders­i negl’infarti che l’hanno colpito, a chiedere di farsi curare a Mosca, all’ultimo perfino chiudendos­i 40 minuti in bagno per rallentare la sentenza e sbraitando contro il giudice olandese, Alphons Orie.

Centinaia di testimoni, migliaia di prove, nessun dubbio: a Srebrenica, Mladic agì «consapevol­e e in modo significat­ivo», dice la sentenza, «propose e ordinò di ripulire e distrugger­e Sarajevo». Qualche esempio? Inorridito da massacri che non si vedevano in Europa dal nazismo, il giudice Orie cita i ventidue musulmani costretti a saltare dal ponte Brhpolje e ammazzati dai serbi che sparavano loro addosso. O gli stupri su bambine di 12 anni. O quella madre che il proiettile d’uno «snajper» trapassò allo stomaco, andandosi a conficcare nella testa del bimbo tenuto in braccio. «Ho potuto seppellire solo due ossa dei miei figli — dice Munira Subasic, madre di due degli oltre ottomila sterminati a Srebrenica —. A Mladic auguro che appaiano in sogno tutte le notti. Assieme a sua figlia Ana…».

Un ergastolo e basta per la «crna bajka», la favola nera dei Balcani che costò centomila morti e più di due milioni di sfollati. Sfuggito per tre lustri a una taglia da 10 milioni di dollari, così protetto dai serbi da potersi permettere nella latitanza d’andare allo stadio a Belgrado o sulle spiagge del Montenegro: la condanna di Mladic esclude il genocidio in sei città e «arriva un po’ tardi», dice il cardinale di Sarajevo, Ivo Tomasevic. Nonostante le proteste dei nazionalis­ti, il Tribunale dell’Aia è stato garantista: finora aveva inflitto ai serbi pochi ergastoli e 758 anni di carcere, dandone «solo» 40 all’ideologo delle pulizie etniche, Karadzic, undici alla sua vice Plasic (oggi libera nella casa di Belgrado) e assolvendo l’«hajduk», «l’eroe» delle guerre croate Seselj.

Boia che molla? Per nulla. Anni fa, in un sondaggio, un serbo su due ammise che con Mladic avrebbe bevuto volentieri una grappa e la principale tv belgradese, Pink, oggi parla di sentenza «vergognosa». Solo il premier Vucic, che fu portavoce di Milosevic, per non compromett­ere la candidatur­a all’Ue dice che «noi serbi siamo pronti ad accettare le nostre responsabi­lità, altri popoli non lo sono». A Lazarevo dove il generale fu catturato, a Mladicevo dove nacque, è lutto cittadino. «Le frontiere sono sempre state tracciate col sangue», è l’esergo che Mladic faceva scrivere sotto il simbolo delle sue armate. Il Boia farà appello contro il tribunale e lancia un messaggio tramite il figlio Darko: «E’ tutta una menzogna, mi ha giudicato una corte della Nato. Dalle guerre jugoslave, nel mondo ce n’è state altre. Ma non abbiamo visto giudicare un Mladic in Siria o altrove». Tempo fa, davanti alle telecamere, citò De Gaulle e diede appuntamen­to all’inferno: «Vivrò a lungo, ma state tranquilli: prima o poi, morirò anch’io».

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Il generale Ratko Mladic (74 anni) al tribunale dell’Aia. Sotto, l’esultanza per la sentenza di condanna
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 ??  ?? Ratko Mladic, 74 anni, ex comandante dei serbobosni­aci, ieri al tribunale dell’Aia prima della lettura della sentenza (Getty)
Ratko Mladic, 74 anni, ex comandante dei serbobosni­aci, ieri al tribunale dell’Aia prima della lettura della sentenza (Getty)

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