«Importante che sia rinchiuso per sempre, senza riduzioni»
La grande cacciatrice di Mladic è stata per anni Carla Del Ponte, magistrato svizzero ed ex procuratrice dell’Aia: «È una sentenza giusta. L’unica possibile. Finalmente! Dopo la morte di Milosevic, Mladic è rimasto il top dei responsabili ancora vivi. Ora è importante che sia realmente rinchiuso per sempre». Perché? «Dipende da che cosa decide il giudice. Non gli ha detto “lei resterà in prigione a vita”, come di solito fanno all’Aia. Come fecero per il Ruanda. Quindi sarà rilevante lo Stato in cui Mladic verrà estradato: esclusa la Serbia, può essere comunque un Paese che permette la riduzione della pena per l’età o la salute».
Sarebbe una beffa, dopo tanta latitanza…
«Non sa cosa ci siamo dovuti inventare, per provare ad arrestarlo. A cominciare dalla figlia che s’era suicidata: ogni anniversario della morte, ci dicevano che Mladic sarebbe andato a portare un fiore sula tomba, così tutte le volte ci appostavamo al cimitero. Lui però era coperto dal governo serbo, dal premier Kustunica, da un intero Paese».
Ci sono state anche protezioni internazionali?
«Non ne aveva bisogno. All’inizio della sua latitanza in Bosnia, si disse che ebbe qualche aiuto dalla Francia. Parigi avrebbe potuto arrestarlo, ma non l’aveva fatto perché c’era stato un accordo durante la guerra, quando Mladic aveva liberato un pilota francese prigioniero».
I conti coi Balcani sono chiusi?
«All’Aia, sì. Manca ancora un bel numero d’esecutori. Ma devono essere presi e processati nei loro Paesi».
Molti crimini di croati, albanesi, perfino di bosniaci, non sono mai stati puniti…
«Dei crimini scoperti, dove possibile, si sono trovati gli autori. Poi, chiaro, non tutti i crimini sono stati scoperti. Ma il Tribunale penale internazionale ha fatto il possibile».