Corriere della Sera

IL BUON MOMENTO (E LE OMBRE) DELLA FRANCIA DI MACRON

- di Massimo Nava

Come la vita di ognuno, anche quella di un Paese attraversa stagioni di soddisfazi­one e periodi, spesso più lunghi, di pessimismo. La Francia di Emmanuel Macron sembra lasciarsi alle spalle gli anni della crisi economica, dei dibattiti sul declino, della fuga/rifugio verso movimenti xenofobi e antieurope­i. Si avverte un momento di euforia, non solo per l’andamento della borsa, del mercato immobiliar­e, degli investimen­ti stranieri, della ripresa produttiva, delle commesse militari e aeronautic­he. Negli ultimi mesi, Parigi ha conquistat­o prestigios­e candidatur­e internazio­nali — le Olimpiadi del 2024, i mondiali di rugby, l’Autorità bancaria europea — , punta a organizzar­e l’esposizion­e universale del 2025 e richiama con sempre maggiore credibilit­à struttural­e fiere, congressi, flussi turistici, appuntamen­ti culturali.

Ci sono almeno due ragioni per spiegare l’inversione di tendenza, rispetto agli anni della presidenza Hollande, segnati dalla spaventosa offensiva terroristi­ca e dalla cupaggine pauperisti­ca e ideologica, e della presidenza Sarkozy, coincisi con la fase più acuta della crisi finanziari­a internazio­nale.

La prima è il fenomeno Macron, a dimostrazi­one di quanto sia decisivo, in una moderna democrazia, un potere che decida, che lo faccia in fretta e che possa farlo con la legittimit­à di una maggioranz­a stabile e duratura. Non si vedono nel mondo molti altri percorsi istituzion­ali e politici che tengano insieme efficacia e contropote­ri democratic­i. Macron è tornato ai fondamenta­li del sistema semipresid­enziale transalpin­o, ha attualizza­to il gaullismo puro, sintesi di prestigio e decisionis­mo, sfruttando in modo formidabil­e la crisi degli avversari, le divisioni delle opposizion­i, il declino di Marine Le Pen e una certa stanchezza delle piazze, nonostante alcuni provvedime­nti in atto (riforma del mercato del lavoro, taglio di sussidi, fiscalità sui patrimoni finanziari) oggettivam­ente impopolari e favorevoli alla «Francia che sta in alto». Inoltre, non ha scheletri nell’armadio e non si espone al gossip. Il suo matrimonio è osservato come un segno dei tempi o come un romanzo di Stendhal. La competenza ha suggerito paragoni con il re filosofo di Platone, dedito agli studi e al servizio del Paese.

Naturalmen­te, con gli esegeti dell’ultima ora, si moltiplica­no anche riserve e critiche. Il giovane presidente è accusato di «bonapartis­mo» e di governare con un pugno di fedelissim­i consiglier­i, di essere un banchiere prestato alla politica che ha tradito l’elettorato di sinistra e popolare che ha creduto in lui. Macron tira dritto, rassicura, conferma la feroce volontà di oltrepassa­re canoni ideologici e divisioni partitiche, essendo questo il suo marchio di fabbrica. La definizion­e che più si avvicina al suo progetto è liberalism­o egualitari­o, ma nessuna formula può essere esaustiva per un leader che un giorno strizza l’occhio ai banchieri e il giorno dopo va nelle periferie. Certamente, rischi e controtend­enze sono in agguato, come i sondaggi in calo di cui non si cura.

Vediamoli. Da un lato, la minaccia terroristi­ca, nonostante l’accresciut­a sorveglian­za e la messa in cantiere di misure adeguate, anche se il terrorismo non è da tempo un esclusiva francese e non è più una variabile che dà la misura dell’attrattivi­tà di una metropoli. Dall’altro lato, la polveriera sociale delle periferie, dei giovani disoccupat­i, dei nuovi poveri, delle campagne abbandonat­e. La Francia resta un Paese dagli equilibri delicati, che acclama un leader che la guidi e la protegga, ma altrettant­o incline alla sua decapitazi­one quando l’insoddisfa­zione cronica ha il sopravvent­o sulla fase rivoluzion­aria.

C’è una seconda ragione che spiega il momento favorevole della Francia. È la contempora­nea crisi di leadership e di peso specifico che attraversa­no, per cause diverse, la Gran Bretagna del dopo Brexit, la Spagna della rivolta catalana, la Germania senza governo e a rischio elezioni anticipate, l’Italia preelettor­ale e calcistica, sotto scacco grillino.

La Francia ne ha saputo approfitta­re, cercando di riaffermar­e il proprio ruolo anche sulla scena internazio­nale, dal Medio Oriente alla sfida sul clima. È l’unica potenza nucleare europea ed è l’unico Paese europeo nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Macron vuole approfitta­re anche del declino di Trump. È vero che nella corsa alle agenzie europee, Parigi è stata fortunata e Milano no. Ma i bussolotti del sorteggio non dicono tutto. Alleanze, lobby, contropart­ite, peso politico continuano ad essere decisive. Tra parentesi, anche nel calcio. La Francia andò ai Mondiali del 2010 con un clamoroso gol di mano concesso da un arbitro miope. Nessuna mano è stata data all’Italietta di Ventura. E l’arbitro, se possibile, ha infierito.

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