«Italia, ritorno alla normalità Ma sul debito restano i dubbi»
Balls (Pimco): le tensioni elettorali? Peseranno meno del previsto
Pimco non vende Italia, ma neppure compra. Il più grande specialista al mondo in titoli di debito pubblico e privato, con 1,6 mila miliardi di dollari in gestione, resta «neutrale». Forse perché è un ex giornalista (del Financial Times) Andrew Balls, 43 anni, capo globale degli investimenti del gruppo californiano, ne parla senza concedere troppo all’arte della diplomazia.
I rendimenti dei titoli di Stato italiani sono scesi molto. Dunque i problemi sul debito sono risolti?
«Per il prossimo anno, le prospettive sono buone. La Banca centrale europea ridurrà i suoi interventi, ma è un processo relativamente lento. La crescita in Italia si anche è ripresa un po’, dunque per i prossimi 6-12 mesi le prospettive sono ragionevoli. Tra l’altro le modifiche alla legge elettorale riducono le probabilità che i 5 Stelle governino. Non mi preoccuperei molto per le elezioni».
Questo è il breve termine. E nel medio e lungo?
«In una prospettiva di trecinque anni ci sono ragioni di cautela. In primo luogo la Bce avrà portato a zero gli acquisti di titoli di Stato e forse alzerà i tassi d’interesse. Ciò potrebbe mettere un po’ sotto pressione il sistema».
Il sistema Italia o Europa?
«L’area euro in genere. E l’Italia».
Vede altri fattori?
«L’altra questione, anch’essa generale ma molto importante nel caso italiano, riguarda gli interrogativi che possono sorgere sul ritorno di una maggiore volatilità o di spread più alti una volta che la Bce non sia più impegnata a un obiettivo d’inflazione al 2%».
Secondo lei non lo è?
«Già a dicembre scorso la Bce ha ridotto gli interventi sul mercato con il “quantitative easing” (Qe) e ora i ritmi stanno continuando a ridursi».
Non è normale, in ripresa?
«A Pimco avevamo pensato che la Bce si sarebbe impegnata nel Qe più a lungo, perché non vediamo un ritorno dell’inflazione al 2% nei prossimi 2 o 3 anni. Neanche la Bce lo vede. Dunque questo per noi è motivo di cautela. C’è poi un po’ d’incertezza in più sul fatto che la banca centrale riprenda gli interventi, in caso di una prossima frenata dell’economia in Italia o in Europa».
Uno può pensare il contrario: c’è già un precedente di Qe, può riprendere se serve.
«Be’, hanno iniziato a ridurlo a dicembre quando l’inflazione di base era molto lontana dal 2%. Se uno pensava che l’obiettivo del 2% fosse un’àncora, ora quell’àncora è più debole. Nel frattempo i politici tedeschi parlano di un Fondo monetario europeo. Una volta che la Bce ferma il Qe, si può pensare che sia più difficile che riparta. Questa può diventare una questione nel prossimo ciclo economico».
Che c’entrano i tedeschi?
«C’è una discussione spinta dalla Germania sull’eventualità di vincolare qualunque prestito del fondo salvataggi ai Paesi in difficoltà a tagli automatici del debito, cioè del valore dei titoli di Stato. E sa: se li possiedi, non vuoi che i tuoi investimenti siano associati all’idea di una sforbiciata. Men che meno automatica».
Dunque la sua posizione sull’Italia com’è?
«Neutrale. Siamo piuttosto positivi nel breve e abbiamo preoccupazioni di medio termine. I rendimenti sul decennale dei titoli di Stato italiani sono a 1,8%, su quelli americani danno il 2,4%. Non c’è molto premio per il rischio. Se poi ci metti una campagna tedesca o nord-europea per cercare d’imporre sforbiciate al mercato dei titoli di Stato, allora si può immaginare che gli spread e i rendimenti saliranno. Ma non vedo inneschi immediati di volatilità».
Qualcuno in Germania vuole che l’Italia ristrutturi il debito, sperando così di togliersi il problema?
«Durante la crisi non solo la Germania, ma l’intera lobby nord-europea, pensava che la pressione del mercato fosse molto utile per obbligare il Sud-Europa a fare riforme. Credo ci sia stata frustrazione perché la Bce ha dato stabilità. Non è chiaro che i tedeschi ora vogliano tagli al debito. Ma se non ci sono riforme, alla prossima frenata dell’economia li preferiranno. Non c’è bisogno di vedere complotti, basta ascoltare cosa dicono i politici tedeschi».
L’incertezza della politica italiana complica il quadro?
«In Europa il problema politico resta importante. In Italia le prospettive sono un po’ migliorate, anche se i 5 Stelle restano un rischio molto significativo. Per ora il ciclo populista ha superato il suo picco. Ma nel medio periodo, se torna una recessione e c’è incertezza sul ruolo della Bce, con in più la prospettiva di sforbiciate ai titoli di Stato, può tornare una versione della crisi del debito. A quel punto la minaccia populista sarebbe rilevante».
Per ora il ciclo populista ha superato il suo picco
Ma in futuro, in caso di recessione, può tornare la crisi del debito