Eni, sequestri nei depositi per evasione sulle accise L’azienda: «Noi parte lesa»
Le Fiamme Gialle, in esecuzione di un decreto emesso dal Gip del Tribunale di Roma, hanno effettuato ieri il sequestro preventivo dei sistemi di misurazione di prodotti petroliferi installati in numerosi depositi e raffinerie di Eni in 13 Regioni. Secondo l’accusa sarebbero stati evasi 10 milioni relativi al pagamento delle accise (le tasse sui carburanti) su 40 milioni di litri di prodotti petroliferi. Ci sarebbero 18 indagati. Eni si dichiara «estranea alle presunte condotte illecite» assicurando «di aver costantemente fornito all’autorità giudiziaria la massima collaborazione, con l’intento di chiarire le proprie ragioni a sostegno della correttezza del proprio operato». Il gruppo petrolifero, che nell’ambito di questa vicenda si ritiene «parte offesa», «anche in considerazione delle conseguenze che deriverebbero come effetto del provvedimento dal fermo totale delle attività di raffinazione e rifornimento di carburanti, richiederà la possibilità di utilizzo dei misuratori al fine di consentire il proseguimento di tali attività e di ridurre per quanto possibile al minimo l’impatto verso i clienti, le società e i servizi».
Il provvedimento si inserisce in attività di indagine che erano state avviate dalle Procure di Frosinone e di Prato nel 2010 e dalla Procura di Roma nel 2014, di cui, sottolinea Eni, «la società aveva già dato notizia». Secondo l’accusa il mancato pagamento delle accise sarebbe stato realizzato con la manomissione degli strumenti di misurazione e dei sigilli posti dall’amministrazione finanziaria per renderli immodificabili. Tra gli indagati ci sarebbero direttori, responsabili operativi e dipendenti di depositi e raffinerie, funzionari di uffici metrici. La società Fornita la massima collaborazione, estranei alle presunte condotte illecite