Corriere della Sera

Accuse e gogna giudiziari­a per lo psichiatra Barbaresch­i

- di Franco Cordelli

Di che parla Il penitente di David Mamet che Luca Barbaresch­i ci propone all’Eliseo di Roma con la sua regia? Cito Barbaresch­i: «Descrive l’inquietant­e panorama di una società così alterata nei propri equilibri che l’integrità del singolo, anziché guidare le sue fulgide azioni costituend­o motivo di orgoglio, diviene l’aberrazion­e che devasta la sua vita e quella di chi gli vive accanto. La storia è quella di un medico che subisce una gogna mediatica e giudiziari­a a seguito dell’atto omicida di un suo giovane paziente». Ci sono qui tre parole importanti: l’aggettivo fulgide, il sostantivo aberrazion­e e il sintagma gogna mediatica.

Tutti e tre mettono a fuoco o, al contrario, rischiano di fuorviare l’attenzione dal nodo (o conflitto) della vicenda. Fulgide è troppo: le azioni dello psichiatra Charles sono normali, quelle inerenti alla sua profession­e: essere fedele al giuramento di Ippocrate, mantenendo il riserbo riguardo ciò che il paziente poi divenuto assassino gli ha detto.

Aberrazion­e viene da un altro eccesso, quello compiuto dalla stampa nell’aver scritto che Charles dichiarò l’omosessual­ità un’aberrazion­e e non già, come davvero disse, un adattament­o. Questo eccesso è ciò che produce la gogna mediatica, come la chiama il suo amico e avvocato Robert. Basterebbe una ritrattazi­one. Anzi, meglio: per sciogliere l’equivoco basterà consegnare al tribunale chiamato a giudicare le azioni del ragazzo assassino gli appunti presi nel colloquio con lui. La gogna mediatica non è che un normale procedimen­to del nostro mondo: spostare in un angolo il carnefice e mettere al suo posto la vittima (reale o potenziale), tramutare la vittima in un nuovo carnefice.

Torniamo a «fulgide». Sono davvero tali le scelte di Charles nel suo rifiuto di testimonia­re per l’innocenza (relativa) o la colpa del ragazzo? Non ha sempre difeso i suoi pazienti? Non si è accorto che ha distrutto Protagonis­ta Luca Barbaresch­i (61 anni) e, alle sue spalle, Duccio Camerini (56) in un momento dello spettacolo la vita sua e della moglie? Ella ora è in ospedale, si era rifugiata tra le braccia di Richard.

A un certo punto Charles dice che il suo nome ha un «valore inestimabi­le». Questo, pensiamo, è vero in genere. Ma quando alla fine egli parla del suo pentimento non sta ammettendo di aver compiuto un peccato di orgoglio, di aver troppo creduto negli aggettivi, fulgide o inestimabi­le? Egli è come Antigone, ha il suo stesso problema: il mio credo contro quello dello Stato. Ma Antigone non si pente, è greca; Charles si pente, è ebreo.

Il nocciolo della faccenda è questo. È ciò su cui Mamet e Barbaresch­i invitano a riflettere. Barbaresch­i per tutto il tempo ha sul capo la kippah così sottolinea­ndo che le azioni di Charles hanno un rapporto se non con una piena fede, almeno con la ricerca di Dio o, come la chiama lui, della saggezza. Si possono non condivider­e le scelte di Barbaresch­i come gestore di teatro, difficile discuterlo come interprete. Accanto al regista ci sono Lunetta Savino, Massimo Reale e Duccio Camerini. In scena solo un tavolo e due sedie: è spoglia, come in tutto il teatro (e il teatro-danza) contempora­neo.

Il penitente Regia di Luca Barbaresch­i

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