Il pasticcio dei quattro fratelli in bilico tra rimorsi e rancori
Torna in tutto il suo disastroso, pasticciato, affettuoso fulgore, la famiglia, primordiale soggetto antropologico della commedia all’italiana, modello Scola, traslocata ad oggi dal teatrante deb Augusto Fornari con un certo gusto e citazioni cinefile, perfino il Settimo sigillo.
Viene rievocato il qui pro quo dei bilanci affettivi, binomio rimorsi e rancori, di 4 fratelli che, col papà in coma da 5 anni, decidono di vendere la casa avita: ma il giorno dopo il patriarca si sveglia e rivuole il «suo» passato, proibite le emozioni. Giardino dei ciliegi andata ritorno. Imbarazzi, lexotan, insulti, egoismi in svendita di tutti e tre i maschietti e della femminuccia cui verrà chiesto di immolarsi a una pesante molestia. Lasciamo la sorpresa, ma il racconto è divertente, i caratteri Insieme Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Matilde Gioli e Lino Guanciale in una scena del film «La casa di famiglia» diretto da Augusto Fornari sono a senso unico ma funzionano incroci, tamponamenti e incidenti psicologici tra loro: alcune idee sono molto azzeccate (il coro dalle finestre dell’ospedale, il trasloco degli zingari) anche se finale è un po’ monco. Ci voleva forse un po’ di cattiveria in più, alla Risi e Monicelli, ma per fortuna l’autore evita le love story dei telefonini bianchi e si appoggia a un ottimo cast.
Lino Guanciale, teatrante di razza non solo divo tv, è spiritoso come pecorella nera, un faccendiere espressivo di mezza tacca sempre col chewing gum e occhi truffaldini. Sono molto bravi Matilde Gioli, il musico Stefano Fresi, Libero De Rienzo, stavolta apparentemente riconciliato e Luigi Diberti che forse ha capito tutto fin dal primo momento.