Prima condanna per Ferrari Dai milioni di Armstrong alla caduta del Dottor Mito
Allenatore? Non scherziamo. Il Dottor Mito è un produttore di opere d’arte. Costosissime perché, lo scrive lui stesso, «come un grande artista non dipinge mai due volte lo stesso quadro, un grande coach sviluppa sensazioni e umori ottenendo un risultato unico e irripetibile in un processo evolutivo senza fine». A 64 anni Michele Ferrari, alias Dottor Mito, il più discusso preparatore sportivo del pianeta, ha pagato cara la sua ultima opera d’arte: 18 mesi di reclusione (più 12 di sospensione dall’attività sanitaria) rifilatigli ieri, in appello, dal Tribunale di Bolzano.
Buffo contrappasso: il medico ferrarese che da 40 anni ammalia i divi dello sport (Lance Armstrong gli bonificava un milione di dollari a stagione) condannato per violazione della legge antidoping sul carneade altoatesino Daniel Taschler, 30° nel ranking mondiale del biathlon. I Nas di Padova hanno puntualmente documentato (correva il 2010) incontri in Val Pusteria tra il Mito, l’atleta (condannato a 9 mesi) e il padre Gottlieb, capo della Federazione internazionale, punito con un anno di reclusione e l’inibizione a vita dalle cariche sportive. Durante gli incontri sarebbero state redatte prescrizioni e scambiate microdosi di sostanze proibite. Ferrari, nei radar dei magistrati da vent’anni, non era mai caduto in fallo. La prescrizione intervenne sul celebre «processo di Bologna» del 1998 (l’accusa era di aver ordinato Epo a decine di ciclisti e sciatori di altissimo livello, mascherando la sostanza sulle ricette con degli asterischi), la nebbia ha inghiottito il clamoroso e più recente «caso Padova» che coinvolgeva una nuova generazione di atleti, alcuni dei quali (dal ciclista Bertagnolli al marciatore Schwazer) ampiamente collaborativi sul ruolo del medico nelle loro disavventure.
Su Ferrari gravavano solo un’inibizione a vita della Federciclismo e una seconda dell’agenzia antidoping americana. Cui adesso si aggiunge la prima condanna penale. Agli imputati resta la Cassazione: tutti hanno annunciato ricorso.