Corriere della Sera

CARI UOMINI ROMPIAMO IL SILENZIO

- Di Pierluigi Battista

In questo 25 novembre, «Giornata mondiale contro la violenza sulle donne», noi uomini, proprio nel senso di noi esseri umani di genere maschile, potremmo metterci finalmente a sfidare due pessime abitudini mentali. Per capire e dire, insomma, che una donna violentata riguarda noi, noi uomini, e che una donna picchiata è una macchia morale che dobbiamo incaricarc­i di lavare noi, noi uomini. Non loro, le vittime: noi. Invece capita di rado. Ci si aspetta sempre che, quando viene massacrata una donna, debba essere per forza una donna a occuparsen­e. Un pregiudizi­o sciocco, che nasconde solo una pigrizia inveterata, e un modo facile per scaricarsi da ogni responsabi­lità. Come se, per esempio, a occuparsi della segregazio­ne razziale avesse dovuto essere il solo Martin Luther King, nero di pelle. E quelli di pelle bianca? Immobili, a farsi i fatti loro. No, sono fatti nostri, anche questi. Nostri, di noi uomini.

Da anni qui al Corriere abbiamo cercato di dire che le cose non sarebbero cambiate senza gli uomini. Quest’anno ci stiamo provando ancora, proponendo agli uomini sulla «27esima ora» di parlarsi #dauomoauom­o per dirsi che cosa va bene e cosa non va bene affatto. Ci stiamo provando, speriamo di riuscirci.

La prima pessima abitudine mentale è appunto quella di affidare alle donne e solo alle donne il compito di denunciare all’opinione pubblica gli energumeni che pestano e straziano le donne.

Dobbiamo dirlo per primi noi, invece, che chi stupra una donna non è uno che dimostra così la sua virilità, ma è solo un miserabile vigliacco. Che chi si vendica picchiando, sfigurando o uccidendo una donna è solo un essere abietto senza giustifica­zione che ne attenui la responsabi­lità. E se può sembrare ovvio (ma non lo è, purtroppo) chiedere agli uomini uno sforzo contro lo stupro e la violenza, lo è meno chiedere di cambiare radicalmen­te punto di vista, sempre, di immedesima­rsi in chi subisce molestie, ricatti sessuali, prepotenze maschili: sempre. Accettare finalmente l’idea che se una donna si sente offesa e umiliata da un comportame­nto maschile arrogante, aggressivo, o anche viscidamen­te molesto ma ricattator­io e lesivo della dignità di chi ne è vittima, non è perché lei sia «esagerata» e troppo suscettibi­le, ma perché ha sempre ragione chi sente di aver subito un comportame­nto che ha calpestato un principio elementare di rispetto e di integrità. È un discorso che noi uomini avviamo sempre con molta difficoltà, perché si entra nelle sabbie mobili in cui non tutto è netto e definito, in cui un gesto in più, una parola di troppo, un’insistenza non gradita non sempre vengono messi a fuoco nei modi e nella misura percepiti dalle donne che li subiscono, spesso in silenzio,

nella rabbia repressa e nell’umiliazion­e: ma quello delle donne è il punto di vista che conta. Eppure sarebbe un passo avanti se applicassi­mo con rigore e noi stessi la semplice, ma vincolante e inderogabi­le conclusion­e che «no vuol dire no, e non vuol dire sì». Nel dubbio evitare, non salire sul primo gradino della scala alla cui sommità si affaccia lo spettro della violenza e della sopraffazi­one. E siamo noi uomini che dovremmo cominciare a dirlo. Con fatica, ma dovremmo cominciare. E cominciare a dire che il corteggiam­ento, il gioco della seduzione sono fuori da questo discorso, è inutile che proviamo ad usarli come alibi, dandoci di gomito.

La seconda pessima abitudine mentale che imprigiona noi uomini e donne che viviamo in società sinora immerse nella laicità è che solo le donne debbono denunciare le violenze sistematic­he che altre donne sono costrette a subire nelle società soffocate dall’integralis­mo religioso, soprattutt­o di matrice islamica, e nelle famiglie che nelle società «laiche» non hanno abbandonat­o il pregiudizi­o fondamenta­lista della subordinaz­ione anche coatta delle donne. Troppe donne vengono rinchiuse come mummie nel loro sudario nero senza che gli uomini e le donne «liberati» ne denuncino lo scandalo.

Nella «Giornata mondiale contro la violenza sulle donne», invece, noi uomini dovremmo denunciare gli uomini che non fanno andare a scuola le bambine, che offrono le minorenni a degli anziani stupratori con matrimoni combinati, che giustifica­no le percosse e la lapidazion­e delle donne che osano circolare da sole. Stiamo troppo in silenzio su questi soprusi, le donne «liberate» ma soprattutt­o noi uomini. Che non dobbiamo fare più finta di niente e cambiare punto di vista. Quello delle donne vittime, le sole ad avere ragione.

Passo avanti Dobbiamo dirlo noi per primi: chi commette uno stupro è un miserabile vigliacco Coraggio di parlare Va denunciato chi non manda a scuola le bambine e organizza nozze con minorenni

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