Corriere della Sera

Tritolo e cecchini: è strage di fedeli

In un santuario dei mistici sufi il massacro più sanguinoso dell’Egitto moderno Almeno 235 vittime, oltre cento feriti. La mano dei jihadisti affiliati all’Isis

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Davide Frattini @dafrattini

La moschea è affollata GERUSALEMM­E per le preghiere del venerdì, la frequentan­o soprattutt­o i sufi, i mistici dell’Islam, nel giorno più sacro la frequentan­o un po’ tutti, i padri ci portano i figli, è un momento di festa. Gli attentator­i hanno piazzato le cariche di tritolo dentro la sala dipinta di bianco, tra i fedeli inginocchi­ati. Le esplosioni danno inizio alla strage, i cecchini appostati fuori la completano: sparano su chi prova a scappare, sui soccorrito­ri che tentano di intervenir­e, incendiano le auto attorno perché le ambulanze non riescano ad arrivare. I morti sono almeno 235, i feriti 109, l’attacco più sanguinoso contro i civili nella storia dell’Egitto moderno.

Gli assalitori sono arrivati al villaggio di Bir al-Abed, nel nord del Sinai, a bordo dei pick-up che usano per mobilitare centinaia di uomini in poche ore: «i cammelli d’acciaio» esaltati dai beduini montano le mitragliat­rici sulla gobba e dai vetri oscurati spuntano i lanciagran­ate.

Il gruppo Ansar Bait alMaqdis — che tre anni fa ha giurato fedeltà al Califfato — si sta dimostrand­o uno degli affiliati più efficaci nella strategia del terrore: nell’ottobre del 2015 gli estremisti sono riusciti a mettere una bomba su un aereo russo, distrutto poco dopo il decollo da Sharm el Sheikh con 224 persone a bordo. Lo Stato Islamico in ritirata dalla Siria e dall’Iraq spadronegg­ia ancora da queste parti.

Abdel Fattah al Sisi, il generale diventato presidente, considera quella in Sinai una guerra totale, le operazioni militari di questi anni — ieri è stata lanciata l’ennesima con il nome «vendetta per i martiri», «una risposta brutale» proclama Sisi — non sono riuscite a ristabilir­e l’ordine in quello che gli storici egiziani chiamano «lo scatolone di sabbia». La penisola che scende nel Mar Rosso si estende per 61 mila chilometri quadrati, due volte la valle e il delta del Nilo messi insieme, tre volte Israele e duecento la Striscia di Gaza. Con tutti e tre confina, a tutti e tre ha creato problemi.

Non ci sono ancora rivendicaz­ioni ma in gennaio Rumiyah — Roma, una rivista online pubblicata dai propagandi­sti dello Stato Islamico — aveva intervista­to l’emiro che guida l’Hisbah in Sinai. Il capo di questa buoncostum­e fanatica bollava i sufi come apostati e la loro corrente islamica «una delle malattie peggiori». Qualche mese dopo i miliziani in nero hanno decapitato Suleiman Abu Haraz, uno dei mistici più venerati, con l’accusa di stregoneri­a. Aveva 98 anni.

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