«Favori sessuali in cambio di fondi» L’inchiesta sul sindaco scuote Mantova
La vittima sarebbe la vicepresidente di un’associazione. I controlli dei pm sugli sms
DALLA NOSTRA INVIATA
Ha colto di sorpresa tutti, a Mantova, l’indagine per concussione della Procura della Repubblica nei confronti del primo cittadino pd Mattia Palazzi. A cominciare dal sindaco, che ieri ha lasciato la sua scrivania in via Roma e si è preso «due giorni di stacco» perché troppo «provato» da accuse definite «senza fondamento» e «lontanissime dalla sua etica». Poi la città, che ha reagito incredula, e infine persino la presunta vittima della concussione, che ha scoperto dell’inchiesta mercoledì mattina quando i carabinieri del nucleo investigativo sono arrivati a casa sua per sequestrarle il cellulare alla ricerca della prova del reato: messaggi via WhatsApp. Non è stata lei infatti a denunciarlo — ed è una delle stranezze di questa vicenda —, ma una terza persona, che indiscrezioni vogliono vicina agli avversari politici di Palazzi.
Sulla base dell’esposto, gli inquirenti guidati dal sostituto procuratore Donatella Pianezzi accusano il sindaco trentanovenne, che non è sposato ma ha una compagna, di aver abusato del suo ruolo per cercare di ottenere favori sessuali. La presunta vittima, la vicepresidente di un’associazione culturale cittadina, gli si era rivolta per avere il patrocinio del Comune a un evento da lei organizzato, poi ottenuto a titolo gratuito.
La donna (che chiede di rimanere anonima) è stata ascoltata in Procura come persona informata sui fatti. Ieri si è chiusa nel silenzio, ma il giorno prima — ed è un’altra stranezza di questa storia che scuote la placida tranquillità della provincia mantovana — aveva dichiarato alla Gazzetta di Mantova, la prima a dare notizia dell’indagine, di non aver «mai mosso nulla» contro il sindaco. «Anzi — ha aggiunto — se emergeranno falsità sul suo conto lo difenderò».
Parole che però secondo la presidente dell’associazione di cui fa parte sarebbero state «travisate». Perché — dice quest’ultima — «quello che è emerso finora è solo la punta dell’iceberg, i messaggi del sindaco ci sono e sono pesanti: una cosa molto grave da parte di una persona che ha un ruolo e un’autorità». Lei li ha visti, ma non vuole svelarne il contenuto: «C’è un’indagine in corso. Ma proprio per quello che era successo abbiamo deciso di non usare il patrocinio che ci aveva dato il Comune», chiarisce.«Adesso penso che avrei fatto meglio a denunciare io tutta la vicenda».
Neppure lei e la presunta vittima sanno come è arrivata all’attenzione degli inquirenti: «I messaggi però a un certo punto avevano iniziato a circolare in città: qualcuno che li ha letti deve aver deciso di fare l’esposto», ipotizza.
La Procura in ogni caso lo ha preso sul serio: mercoledì mattina Mattia Palazzi ha ricevuto un avviso di garanzia e un decreto di perquisizione che ha portato al sequestro del suo telefono cellulare. «Lo scambio di messaggi è avvenuto, i due si conoscevano, ma il sindaco esclude di aver forzato in alcun modo la signora ad avere rapporti sessuali, che per altro invece non ci sono mai stati — ribatte l’avvocato di Palazzi, Paolo Gianolio —. Il mio assistito non ha mai fatto leva sulla sua autorità per ottenere favori di quel tipo. Se c’è stato qualcosa è stato più una sorta di provocazione nei suoi confronti. I messaggi — conclude — io non li ho visti, perché sono rimasti sul cellulare sequestrato dai carabinieri. Ma le accuse mosse al sindaco sono lontanissime dal suo modo di essere e dalla sua etica: nei prossimi giorni chiederemo di essere ascoltati dai magistrati per chiarire tutto».
(ha collaborato Sabrina Pinardi)
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