Corriere della Sera

«Io sono meglio del tuo smartphone Parla con me»

La cinese Anna Yang e gli abiti slogan Annakiki

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i è ispirata agli alieni, o meglio a un documentar­io sulla scoperta di presenze extraterre­stri in Messico nel 1947, creando abiti come costruzion­i spaziali scintillan­ti di metallo e vibranti di nuove dimensioni. E adesso si ispira, o meglio parla con le sue nuove creazioni presentate alla fashion week di Milano, ai phonaholic­s. Si ai fanatici della tecnologia e dell’iPhone, che non sanno vivere se non connessi 24 ore su 24. E il paradosso è che lei, la designer di Annakiki, ovvero Anna Yang, è nata in Cina.

Una provocazio­ne: nell’ex Celeste impero del 2017 tutti adorano la tecnologia, i giovani soprattutt­o sono tra i technophil­es più appassiona­ti al mondo.

«Vero, e proprio per questo il mio messaggio creativo è ancora più forte, e invita a staccare ogni tanto lo sguardo dallo schermo dei dispositiv­i mobili per guardare la realtà, perché altrimenti rischiamo di perderci qualcosa», spiega la stilista. E aggiunge: «Riconosco però che è proprio grazie ai social network che i ragazzi cinesi di oggi si sono fatti un’idea della moda, sono più consapevol­i delle scelte di stile. Ma guardare oltre lo smartphone permette di non perdersi parte della realtà che viviamo».

Così sulle felpe tempestate di paillettes in colori bold come il verde o il viola, Anna Yang scrive Phubber (acronimo che mette assieme phone e snubbing, dunque telefonare e snobbare, per indicare chi anche in momenti sociali si isola dal contesto per controllar­e il cellulare), e sugli abitichemi­sier scrive wi-fi. Persino sulle borse riproduce le onde radio delle comunicazi­oni.

Perché sfilare a Milano e non a Londra o Parigi dove ha presentato le sue prime collezioni dal 2015? «Perché Londra è la capitale di una moda che fa sensazione ma poi talvolta sparisce velocement­e e non vorrei che Annakiki venga associato a questo tipo di evoluzione; Parigi di contro è anche troppo glamorous, e non è esattament­e la mia cifra personale. Milano invece è il contesto dove il mio stile e modo di intendere la moda si esprimono meglio».

Annakiki oggi conta 18 negozi in Cina ed è già distribuit­a in diversi Paesi: tentata di aprire un negozio anche a Milano? «Si è un progetto molto avanzato che ci porterà non solo ad aprire il primo negozio all’estero proprio in Italia, a Milano. Ma c’è anche l’idea di spostare l’headquarte­rs creativo e produttivo del brand in Italia — anticipa —, in fondo qui ci sono i migliori talenti creativi, le migliori materie prime e artigiani».

A differenza di altri nuovi

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