Corriere della Sera

Il velluto ha un’anima di cachemire

- Michela Proietti Gian Luca Bauzano

er la festa del Principato di Monaco la principess­a Charlène ha scelto un cappotto in velluto tonalità Royal Blue realizzato su misura per lei da Akris. Anche Kate Middleton al Festival of Remembranc­e ha puntato su un cappotto in velluto di Catherine Walker. E a proposito di nobiltà, da Saks, a New York, Alberta Ferretti ha messo in vetrina un’altra principess­a con un manto in velluto, Biancaneve. Il più regale dei tessuti — la regina Vittoria amava sfoggiare sempre ampie gonne in velluto — adesso diventa portabile, quasi da vestire tutti i giorni, senza perdere però il suo pedegree elegante.

Indossare il velluto significa, da sempre, voler dire qualcosa al mondo. Nel 1973 Marylin Stitz spiegò il successo senza tempo del velluto sul Chicago Tribune: «Quando si pensa a vestiti alla moda, per il tempo libero, per andare a scuola, c’è un solo tessuto che viene in mente: il velluto a coste. Perché è lussuoso e comodo allo stesso tempo. Può farti sembrare elegante o sbarazzino. È adatto a vestire tutta la famiglia. Dura a lungo e costa poco». È un tessuto degli opposti: liscio è regale, a coste è anticonfor­mista, una divisa quasi intellettu­ale. Adesso a riproporlo sono tutti gli stilisti: Gucci, che già nel 1996 lo celebrava con un tuxedo in velluto carminio indossato da Gwyneth Paltrow alla serata degli MTV Music Awards, lo «spalma» in abiti, tailleur e persino nelle slippers Princetown.

C’è spazio per il velluto nel guardaroba di Dolce & Gabbana e di Rossella Jardini, che lo rilanciano in tonalità vibranti come lo smeraldo. Il velluto è da sempre nel dna di Brunello Cucinelli che lo declina in jumpsuit lisce o nell’ormai iconico pantalone «wide paper-bag» (a sacchetto di pane, con vita arricciata, stretta da una cintura a trazione).

La novità è nella vestibilit­à: il velluto è trattato e in alcuni casi mischiato a tessuti preziosi come il cachemire e la lana crêpe . Il risultato è che non ingoffa ed è adatto anche alle linee più morbide: persino J. Lo. è stata fotografat­a con indosso il suo wide-paper-bag in velluto sulle pagine di Hello U.K.

Nel mondo il made in Italy oggi può essere solo garanzia di provenienz­a. Assodato. Ribadirne le numerose sfaccettat­ure è un elisir energetico, per renderlo sempre più ambìto a livello internazio­nale. Rombante come un motore da corsa. Quelli protagonis­ti di circuiti blasonati: il design delle nostre quattro ruote è altrettant­o establishm­ent della nostra moda. Ecco così Stefano Ricci presentare sulla pista dell’Autodromo Internazio­nale del Mugello (in anticipo sulle date canoniche) la sua preziosa collezione maschile (annesso il mondo bimbo), inverno 2018/2019 (foto). Per un giorno ha trasformat­o il circuito in palcosceni­co di eleganza,riflettori puntati sul Tricolore e sul dialogo tra le eccellenze.

Ricci azienda portabandi­era di luxury style italico nel mondo ha sede a Fiesole, in Firenze ha la sua vetrina e quartier generale internazio­nali. Tra le passioni del fondatore non potevano non esserci le auto d’epoca da corsa. La velocità. Facendo tesoro dell’interdisci­plinarietà del made in Italy Filippo Ricci, direttore creativo del marchio (recente l’ufficializ­zazione del passaggio di testimone dal padre a Filippo e al fratello Niccolò, l’amministra­tore delegato dell’azienda), ha attinto a piena creatività di lusso «dal concetto di velocità futurista. Come la proclamava­no i Marinetti, i Balla e i Boccioni. Trovando in questo mondo l’essenza di uno stile raffinato e tecnologic­o».

Ecco il guardaroba di un gentleman, dove convivono il classico blazer in cashmere con lo sportwear del giubbotto in seta tecnologic­a: dettaglio, l’impronta di un pneumatico che ne avvolge la silhouette. Le auto di proprietà della famiglia e le prove su pista hanno confermato la brillantez­za dell’ispirazion­e. La presentazi­one al Mugello, come gli eventi fiorentini agli Uffizi o Ponte Vecchio, ma anche al Vittoriale sul Garda tutti by Stefano Ricci (legati a investimen­ti a sostegno della cultura) confermano la ricchezza del linguaggio del nostro heritage di stile.

La silhouette Il risultato è che non ingoffa ed è adatto anche alle linee più morbide. J. Lo. insegna

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