Corriere della Sera

A Torino i capolavori del regista. Nel nuovo thriller «Domino» racconterà la Cia e l’Isis

- Valerio Cappelli

l’anima del Festival: «L’altro giorno ero a un incontro con 250 studenti del DAMS. Ho chiesto: quanti di voi hanno visto i film di Brian De Palma? Avranno alzato la mano in quindici». Dice che dei cinque grandi amici del cinema americano, Spielberg, Scorsese, Lucas, Coppola, De Palma, è proprio quest’ultimo «ad essere stato trattato peggio in Italia. Ho sempre pensato che lui porti avanti un discorso affascinan­te sull’inconscio collettivo e sul surplus di immagini e suoni».

I film di De Palma (educato in una scuola di quaccheri, figlio di un chirurgo e per questo ha detto che il sangue non lo impression­a), sono andati a corrente alternata. Grande, grosso e barbuto, qui torna alle origini del suo cinema, percorso da brividi in sala («da anni sono stufo di sentirmi dire di essere considerat­o il nipote di Hitchcock»).

In Domino (dove la Sardegna è entrata nell’ispirazion­e grazie ai fondi della locale Film Commission), il regista mette in campo gli attori Nicolaj Coster-Waldau e Carice van Houten (olandese volante, in bilico tra recitazion­e e canto). Entrambi provenient­i da Il trono di spade, qui seguono la storia di un poliziotto alla ricerca del criminale che ha ucciso il suo ex collega e migliore amico. Si troverà immischiat­o in un’indagine tra la Cia e l’Isis.

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