Gasperini, l’alieno nelle coppe sorprende e raccoglie vittorie con la sua magnifica confusione
Stanno venendo fuori dall’Europa buone risposte alla crisi della Nazionale. Vanno valutate con calma perché i parametri sono molto diversi. Nei club si fa mercato, ci sono molti stranieri, c’è un rapporto quotidiano tra giocatori e società, ci si allena ogni giorno insieme. Da molti anni in Italia i club migliori sono più forti della Nazionale proprio per questi motivi. Però qualcosa si muove, ci sono giocatori come Cristante che si affermano senza aver mai giocato nell’Italia, ci sono dopo tanto tempo sei squadre che possono passare il turno a gironi, questo non è poco pur nella sua forte estraneità alla nostra situazione generale. In realtà la crisi italiana è bruciata con più rumore di altre, ma è l’intero calcio europeo ad avere problemi di crescita. Non progredisce. C’è un livello medio molto alto. Il possesso palla veloce delle partite importanti ha migliorato le qualità di base. Ma al tempo stesso ha posto limiti all’oltre. Correndo, attaccando, ripartendo, è più difficile fare col pallone quello che la testa pensa. Da qui un miglioramento che è di facciata perché è di tutti, non porta più grandi selezioni. Il turno a gironi dell’Europa League è poi storicamente non un grande riferimento. Il torneo diventa interessante quando arrivano a febbraio le otto eliminate dalla Champions. Tutto questo non toglie valore all’evidenza: nella globalizzazione riusciamo ancora a essere competitivi. Credo che questo valga soprattutto per l’Atalanta. Per una ragione semplice, gioca diversamente da tutte. Il calcio di Gasperini è una sorpresa per l’Europa. Non assomiglia a nessuno, né a quello di Guardiola né a quello di Allegri, ha una sua universalità rocciosa, direi contadina, che viene dalle profondità del nostro calcio. È semplice e cattivo, astuto, soprattutto diverso. Nel calcio, se tutti giocano in un modo, chi ha la differenza rischia di vincere anche se non è il più forte. Gasperini è un allenatore continuo, allena da tanti anni e ha sempre portato avanti il suo spettacolo ruvido. Le sue squadre hanno sempre stupito, sorpreso, per larghezza sul campo, per un’aggressione alta che porta a uomo anche le marcature a centrocampo, per la sua velocità totale. Funziona ancora in Italia nonostante lo si conosca da un pezzo. È devastante in Europa perché è un alieno. Faccio un esempio un po’ retrò ma credo calzante. Una settantina di anni fa la grande Ungheria di Puskas vinse le Olimpiadi di Helsinki nel ’52 e perse ingiustamente in finale i Mondiali contro la Germania nel ’54. Aveva un centravanti che faceva il regista, Hidegkuti, gli attaccanti Kocsis e Puskas avevano i numeri 8 e 10. Ci vollero mesi, anni, perché gli