«Il caso Weinstein è uno spartiacque»
Il caso Weinstein segna un prima e un dopo. «Assistiamo a una rivolta delle donne»: dice al Corriere la filosofa francese Geneviève Fraisse.
Il caso Weinstein ha cambiato tutto? Ci sarà un prima e un dopo?
«Sì, assistiamo a una rivolta delle donne che non accettano più il sistema di potere esistito finora. Lo scandalo di cui fu protagonista Dominique Strauss-Kahn a New York nel 2011 ha aperto la strada a ciò che vediamo oggi, anche se apparteneva a un’altra epoca».
La filosofa francese Geneviève Fraisse, femminista e studiosa dell’uguaglianza tra i sessi, ha scritto il libro Sul consenso diventato un’opera di riferimento, oggi rieditato da Seuil con un nuovo epilogo sul «rifiuto del consenso».
Che cosa c’era di diverso nel caso Strauss-Kahn?
«Quell’episodio ci riporta all’Ottocento, al borghese che sale nella camera della donna di servizio per esercitare quel che crede essere un suo diritto, o che aggredisce la cameriera Geneviève Fraisse, 69 anni, è una femminista ed esperta dell’uguaglianza tra i sessi. Il suo libro «Sul consenso» (Seuil), testo di riferimento, è stato recentemente rieditato in albergo. La sfera è ancora quella domestica, privata. Oggi, il cuore della questione è il luogo di lavoro. Cambia la natura delle denunce».
Perché oggi sono diverse?
«Dalla cameriera Nafissatou Diallo in poi, le donne che si ribellano sono sempre di più e sempre più in alto nella gerarchia sociale. Dai primi dell’Ottocento in poi le donne hanno combattuto per i diritti politici, economici e famigliari. Oggi possiamo andare al lavoro, a scuola, in Parlamento. L’uguaglianza con gli uomini non è ancora completa ma quella fase può dirsi conclusa. Ora se ne apre un’altra. La vicenda Weinstein non arriva a caso, perché nel XXI secolo la questione centrale della lotta femminista è il corpo delle donne, anche se era già presente nella battaglia per l’aborto: dalla fecondazione assistita alle madri surrogate alle molestie sessuali, il corpo è centrale».
Come mai giudica superata la nozione di «consenso»?
«Perché è molto complessa, e non sempre ci aiuta. Chi commette una violenza su una donna dice ”non ha detto né sì né no, quindi era d’accordo”, invocando una specie di consenso tacito. L’università della California ha sviluppato il concetto di ”consenso affermativo”, cioè acconsentire non è più ”non dire no” ma ”dire chiaramente sì”, il che sarebbe stato utile in Francia qualche settimana fa, quando un uomo di 28 anni è stato prosciolto dall’accusa di violenza sessuale su una bambina di 11 anni perché lei non
Il paragone «Da Strauss-Kahn a ora la sfera è cambiata È diventato centrale il luogo di lavoro»
aveva esplicitamente detto di no. Ma c’è la donna che acconsente a mettersi il velo perché ha paura di essere picchiata dai fratelli, quella che acconsente a prostituirsi perché non ha altri mezzi per vivere o perché minacciata dal protettore… Il consenso ha il difetto di non tenere in conto i rapporti di forza. Il problema è il sistema di potere e gli abusi che ne conseguono».
Che cosa pensa del diluvio di testimonianze?
«Molte donne oggi raccontano di molestie e aggressioni che hanno subito negli anni, e la vergogna potrebbe cambiare di campo, come hanno sempre chiesto le femministe. Quando avevo 10 anni, un uomo si è avvicinato fingendo di chiedermi la strada e invece si è masturbato davanti a me. Sono tornata a casa e non ho detto niente. Eppure non avevo alcuna colpa, vivevo in una famiglia di intellettuali che mi avrebbero ascoltata. Ma sentivo che il rapporto di forza non era a mio favore. La colpa e la vergogna erano su di me, non su quell’uomo. Mio padre era femminista, eppure io avevo interiorizzato di trovarmi dalla parte sbagliata. Le cose stanno cambiando, è un bene».