Fisco, il caos di leggi e decreti
In un anno duemila pagine di norme nuove. La protesta delle aziende venete
Nel 2016 sono state prodotte duemila pagine di nuove misure fiscali: un caos tributario che frena l’economia. La protesta delle aziende venete.
Hanno stampato una maglietta di protesta («Burocrazia e fisco? Roba da matti»), l’hanno indossata a mo’ di camicia di forza e hanno chiesto udienza ai prefetti. L’ultimo sarà quello di Venezia. Nei giorni scorsi le sezioni provinciali della Confartigianato veneta hanno lanciato un’offensiva contro la proliferazione delle norme fiscali che dovrebbe portare, se non come ai tempi d’oro della Life a una clamorosa azione di disobbedienza tributaria, quantomeno a ritardare i pagamenti del 2017. La chiamano «autodifesa del contribuente», si aspetterà fino all’ultimo per pagare o si farà ricorso al ravvedimento operoso. «Lo Stato è lento a restituirci i nostri crediti e l’artigiano sarà lento a versare le tasse». I dati che la Cgia di Mestre ha messo assieme per argomentare quest’azione di protesta lasciano pochi margini alle mediazioni o ai dubbi. Nel 2016 tra leggi e decreti legge nella sola materia fiscale ne sono stati approvati 11 che a loro volta, a cascata, hanno modificato 110 normative esistenti. Non è finita qui: sempre lo scorso anno sono stati emanati ben 36 decreti ministeriali - tre ogni mese - composti complessivamente da 138 articoli. Dal canto suo il direttore dell’Agenzia delle entrate ha apposto la sua firma su 72 provvedimenti mentre gli uffici competenti del ministero delle Finanze e della stessa Agenzia delle entrate hanno pubblicato 50 circolari e 122 risoluzioni che, messe tutte assieme, equivalgono quasi a 2 mila pagine di testo.
La denuncia che viene dal Veneto merita di entrare nel Guinness degli orrori e dimostra come purtroppo nonostante centinaia di convegni e autorevoli prese di posizione dell’accademia prima e della politica poi, la burocrazia si erga a vero Potere forte dell’Italia degli anni Dieci. L’aneddotica in materia è ricca e va sicuramente ben oltre l’argomento fiscale (stiamo ancora aspettando il bando per i competence center previsti da Industria 4.0 e attesi nel febbraio scorso) ma è chiaro che la materia tributaria è politicamente incandescente. Gli artigiani devono dedicare una buona parte del tempo dei propri lunedì lavorativi proprio a cercare di dipanare la matassa degli adempimenti prima di andare dal commercialista e procedere. La complessità del sistema però non sta travolgendo solo i semplici contribuenti ma anche quelli che dovrebbero essere gli esperti della situazione come gli addetti ai Caf e gli stessi fiscalisti sono, secondo la Cgia, «disorientati». E si tratta sicuramente di un eufemismo. Sempre secondo i dati raccolti a Mestre l’anno scorso 21 milioni di contribuenti (!) avevano una pendenza economica con la vecchia Equitalia inferiore ai mille euro. A far numero concorreranno di sicuro gli evasori del bollo auto o del canone Rai ma il resto è rappresentato da normalissimi cittadini che messi di fronte a un fisco sia ipertrofico sia arcaico avranno comprensibilmente commesso qualche piccolo errore.
A parole la politica ha cercato sempre di venir a capo del rompicapo burocratico. Il 24 marzo del 2010 l’allora ministro della Semplificazione, il leghista Roberto Calderoli, fece molto di più e da uomo d’azione quale si considerava si armò di ascia, piccone e fiamma ossidrica dando fuoco ad un enorme muro di scatoloni - raccontano le cronache dell’epoca - che contenevano i tabulati delle norme abrogate dal suo ministero. Google trabocca di progetti dei vari partiti che si sono nel tempo proposti di liberare le imprese dal giogo burocratico e non c’è iniziativa politica anche di questi giorni che non preveda il canonico «tavolo sulla semplificazione», come uno dei piatti forti del menù politico che si intende cucinare per le prossime elezioni politiche. Ma tra il dire e il fare c’è la famosa implementazione, l’imbuto che chiude la strada alle riforme.
È difficile prevedere se l’iniziativa della Confartigianato veneta riuscirà davvero a smuovere le acque, loro sono convinti di sì e citano come provvedimento-mostro lo spesometro. Ufficialmente si chiama «comunicazione polivalente», è una misura fiscale giustificata con lo scopo di combattere l’evasione dell’Iva e che non è presente in nessun altro ordinamento giuridico-fiscale di Paesi che siano comparabili al nostro. Una volta lo spesometro era a scadenza annuale, poi è passato al rango di trimestrale e ora dovrebbe tramutarsi in semestrale. Polivalenti o meno che siano le comunicazioni l’overdose di adempimenti burocratici si ripercuote inevitabilmente (e pesantemente) sull’economia reale ed è anche all’origine di quel particolare fenomeno rappresentato dalle sliding doors delle partite Iva. Ogni anno in Italia se ne apre una cifra vicina alle 500 mila unità (nel 2016 arrivarono a 502 mila, nel ‘17 saranno di più) nel frattempo però se ne chiudono tra le 350 e le 400 mila l’anno. Un marziano direbbe che siamo tutti dei matti.
Sotto mille euro Ventun milioni di contribuenti avevano una pendenza inferiore ai mille euro