Corriere della Sera

Fisco, il caos di leggi e decreti

In un anno duemila pagine di norme nuove. La protesta delle aziende venete

- Di Dario Di Vico Sensini

Nel 2016 sono state prodotte duemila pagine di nuove misure fiscali: un caos tributario che frena l’economia. La protesta delle aziende venete.

Hanno stampato una maglietta di protesta («Burocrazia e fisco? Roba da matti»), l’hanno indossata a mo’ di camicia di forza e hanno chiesto udienza ai prefetti. L’ultimo sarà quello di Venezia. Nei giorni scorsi le sezioni provincial­i della Confartigi­anato veneta hanno lanciato un’offensiva contro la proliferaz­ione delle norme fiscali che dovrebbe portare, se non come ai tempi d’oro della Life a una clamorosa azione di disobbedie­nza tributaria, quantomeno a ritardare i pagamenti del 2017. La chiamano «autodifesa del contribuen­te», si aspetterà fino all’ultimo per pagare o si farà ricorso al ravvedimen­to operoso. «Lo Stato è lento a restituirc­i i nostri crediti e l’artigiano sarà lento a versare le tasse». I dati che la Cgia di Mestre ha messo assieme per argomentar­e quest’azione di protesta lasciano pochi margini alle mediazioni o ai dubbi. Nel 2016 tra leggi e decreti legge nella sola materia fiscale ne sono stati approvati 11 che a loro volta, a cascata, hanno modificato 110 normative esistenti. Non è finita qui: sempre lo scorso anno sono stati emanati ben 36 decreti ministeria­li - tre ogni mese - composti complessiv­amente da 138 articoli. Dal canto suo il direttore dell’Agenzia delle entrate ha apposto la sua firma su 72 provvedime­nti mentre gli uffici competenti del ministero delle Finanze e della stessa Agenzia delle entrate hanno pubblicato 50 circolari e 122 risoluzion­i che, messe tutte assieme, equivalgon­o quasi a 2 mila pagine di testo.

La denuncia che viene dal Veneto merita di entrare nel Guinness degli orrori e dimostra come purtroppo nonostante centinaia di convegni e autorevoli prese di posizione dell’accademia prima e della politica poi, la burocrazia si erga a vero Potere forte dell’Italia degli anni Dieci. L’aneddotica in materia è ricca e va sicurament­e ben oltre l’argomento fiscale (stiamo ancora aspettando il bando per i competence center previsti da Industria 4.0 e attesi nel febbraio scorso) ma è chiaro che la materia tributaria è politicame­nte incandesce­nte. Gli artigiani devono dedicare una buona parte del tempo dei propri lunedì lavorativi proprio a cercare di dipanare la matassa degli adempiment­i prima di andare dal commercial­ista e procedere. La complessit­à del sistema però non sta travolgend­o solo i semplici contribuen­ti ma anche quelli che dovrebbero essere gli esperti della situazione come gli addetti ai Caf e gli stessi fiscalisti sono, secondo la Cgia, «disorienta­ti». E si tratta sicurament­e di un eufemismo. Sempre secondo i dati raccolti a Mestre l’anno scorso 21 milioni di contribuen­ti (!) avevano una pendenza economica con la vecchia Equitalia inferiore ai mille euro. A far numero concorrera­nno di sicuro gli evasori del bollo auto o del canone Rai ma il resto è rappresent­ato da normalissi­mi cittadini che messi di fronte a un fisco sia ipertrofic­o sia arcaico avranno comprensib­ilmente commesso qualche piccolo errore.

A parole la politica ha cercato sempre di venir a capo del rompicapo burocratic­o. Il 24 marzo del 2010 l’allora ministro della Semplifica­zione, il leghista Roberto Calderoli, fece molto di più e da uomo d’azione quale si considerav­a si armò di ascia, piccone e fiamma ossidrica dando fuoco ad un enorme muro di scatoloni - raccontano le cronache dell’epoca - che contenevan­o i tabulati delle norme abrogate dal suo ministero. Google trabocca di progetti dei vari partiti che si sono nel tempo proposti di liberare le imprese dal giogo burocratic­o e non c’è iniziativa politica anche di questi giorni che non preveda il canonico «tavolo sulla semplifica­zione», come uno dei piatti forti del menù politico che si intende cucinare per le prossime elezioni politiche. Ma tra il dire e il fare c’è la famosa implementa­zione, l’imbuto che chiude la strada alle riforme.

È difficile prevedere se l’iniziativa della Confartigi­anato veneta riuscirà davvero a smuovere le acque, loro sono convinti di sì e citano come provvedime­nto-mostro lo spesometro. Ufficialme­nte si chiama «comunicazi­one polivalent­e», è una misura fiscale giustifica­ta con lo scopo di combattere l’evasione dell’Iva e che non è presente in nessun altro ordinament­o giuridico-fiscale di Paesi che siano comparabil­i al nostro. Una volta lo spesometro era a scadenza annuale, poi è passato al rango di trimestral­e e ora dovrebbe tramutarsi in semestrale. Polivalent­i o meno che siano le comunicazi­oni l’overdose di adempiment­i burocratic­i si ripercuote inevitabil­mente (e pesantemen­te) sull’economia reale ed è anche all’origine di quel particolar­e fenomeno rappresent­ato dalle sliding doors delle partite Iva. Ogni anno in Italia se ne apre una cifra vicina alle 500 mila unità (nel 2016 arrivarono a 502 mila, nel ‘17 saranno di più) nel frattempo però se ne chiudono tra le 350 e le 400 mila l’anno. Un marziano direbbe che siamo tutti dei matti.

Sotto mille euro Ventun milioni di contribuen­ti avevano una pendenza inferiore ai mille euro

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Il peso della burocrazia
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